Roma. “La regione Lazio è all’avanguardia nella gestione e presa in carico delle persone con Malattia di Crohn, patologia con un alto impatto sulla qualità di vita a causa dei sintomi invalidanti, tra i quali diarrea cronica, dolori addominali e urgenza intestinale, così come delle manifestazioni cliniche e complicazioni che richiedono con alte probabilità l’ospedalizzazione e l’intervento chirurgico”. Così in una intervista video rilasciata alla Dire il professor Franco Scaldaferri, direttore Uos Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (Ibd Unit) presso la Fondazione Policlinico A. Gemelli Irccs di Roma, docente aggregato al Dipartimento di Medicina e Chirurgia traslazionale Università Cattolica Del Sacro Cuore e membro del Cemad, il Centro Malattie Apparato Digerente-Digestive Disease Center diretto dal professor Antonio Gasbarrini. “Nel Lazio- ha proseguito Scaldaferri- sono trattati con terapia biologica/innovativa oltre 2mila pazienti, di cui oltre mille al Gemelli, in costante aumento in tutte le fasce d’età”.
La malattia di Crohn è una delle principali Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (Mici) e si stima colpisca in Italia circa 100mila persone, con esordio soprattutto in età giovanile, tra i 15 e i 40 anni, sebbene possa manifestarsi a qualunque età. È associata a progressivo danno intestinale, disabilità e peggioramento della qualità di vita. Ma la recente approvazione da parte della Commissione Europea di mirikizumab, antagonista dell’interleuchina-23p19 (IL-23p19), annunciata nei giorni scorsi da Lilly, rappresenta un “importante avanzamento” nella gestione del trattamento della malattia di Crohn in fase attiva da moderata a grave nei pazienti adulti che hanno avuto una risposta inadeguata, hanno perso la risposta o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o a un trattamento biologico.
Mirikizumab, che era già stato approvato nel 2024 in Italia dall’Aifa come trattamento per gli adulti con colite ulcerosa attiva da moderata a grave, agisce nel ridurre l’infiammazione del tratto gastrointestinale prendendo di mira una proteina specifica, l’interleuchina-23p19, fattore chiave dell’infiammazione intestinale nella malattia di Crohn.
“Le prospettive offerte dalla ricerca scientifica sono confortanti- ha commentato ancora alla Dire il professor Scaldaferri- È molto utile avere a disposizione un’opzione terapeutica innovativa come mirikizumab, farmaco che si è dimostrato efficace e sicuro nella gestione della malattia a lungo termine e della sintomatologia correlata”.
L’approvazione di mirikizumab da parte della CE, dunque, secondo gli esperti offre ai pazienti un “trattamento mirato in grado di migliorare significativamente la loro qualità di vita”. Molti pazienti non raggiungono la remissione completa, nonostante i trattamenti, o non mantengono la malattia sotto controllo a lungo: fino al 40% dei pazienti non risponde ai farmaci inibitori del TNF e il 50% di quelli che ottengono risultati quando iniziano il trattamento perdono i benefici nel corso del primo anno di cure.
La decisione della CE fa seguito al parere positivo del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) nel dicembre 2024 e si basa principalmente sui risultati dello studio randomizzato controllato con placebo di fase 3 Vivid-1, i cui risultati mostrano che i pazienti trattati con mirikizumab hanno riscontrato un miglioramento significativo sia della remissione clinica (54,1% vs 19,6% di pazienti trattati con placebo) sia della risposta endoscopica a un anno, con una guarigione visibile del rivestimento intestinale (48,4% vs 9% di pazienti trattati con placebo).
Mirikizumab è attualmente in fase di studio anche nel Vivid-2, che valuta l’efficacia e la sicurezza del farmaco fino a tre anni in adulti con malattia di Crohn da moderata a severa. Lo studio Vivid-2 evidenzia l’efficacia di Mirikizumab nei pazienti con due anni di trattamento continuo: tra coloro che hanno raggiunto una risposta endoscopica dopo un anno nello studio Vivid-1, oltre l’80% ha mantenuto la risposta endoscopica. Inoltre, quasi il 90% dei pazienti che ha ottenuto risposta clinica ed endoscopica dopo un anno in Vivid-1, ha mantenuto la remissione clinica nel secondo anno di trattamento nel Vivid-2.
Lo studio Vivid-1 ha inoltre messo in evidenza come il 32,5% dei pazienti trattati con mirikizumab ha ottenuto un miglioramento della risposta endoscopica a tre mesi (rispetto al 12,6% con placebo), un risultato importante nel trattamento di una patologia che ha un impatto significativo sulla vita dei pazienti. “L’estensione dell’indicazione di mirikizumab per la malattia di Crohn, dopo l’approvazione in Europa e in Italia per il trattamento della colite ulcerosa da moderata a grave nei pazienti adulti, è un “passo in avanti” secondo Questa approvazione rappresenta un’importante opportunità per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia di Crohn- ha commentato Elias Khalil, presidente e amministratore delegato Italy Hub di Lilly- Il nostro impegno è quello di offrire soluzioni terapeutiche innovative e sicure, collaborando con la comunità scientifica per rispondere ai bisogni insoddisfatti di chi convive con questa patologia. Siamo convinti che mirikizumab possa contribuire in modo significativo alla gestione della malattia e al miglioramento del benessere generale dei pazienti”.