“Mi piace raccontare storie fantastiche, che esulano dall’ordinario e dal quotidiano”. Intervista a Gabriele Quarta autore di “Alghedon. Le catene dei ricordi”
Il conflitto generazionale che separa i due fratelli, Daniele e Lorenzo, è piuttosto evidente. In Lorenzo i sintomi di una certa intolleranza significativa di un’adolescenza inquieta e problematica, si riversano sui suoi familiari in modo diretto e graffiante. Daniele, il fratello maggiore, da tempo ha fatto le sue scelte: si è allontanato dalla sua famiglia per rincorrere il suo sogno. Johann ed Alessandra non si possono certo definire genitori modello: lui algido e anaffettivo, lei superficiale e poco presente. In questo clima di indifferenza e di rancori i due fratelli affrontano un viaggio per tentare di ristabilire i loro equilibri. Affrontano un percorso singolare, all’interno del quale il senso del dolore, il senso di colpa, il rancore e la paura di abbandonarsi alle proprie fragilità portano a toccare tutte le realtà esistenti. A volte la crudezza delle immagini mostrano il travaglio e il malessere dei personaggi, ognuno intento a combattere il suo alghedon, il dolore inteso come sofferenza pura. Catene invisibili collegano i ricordi che si susseguono attraverso realtà parallele, a volte si intersecano e si svuotano del loro contenuto onirico, in altre vanno oltre la realtà fino a toccare le corde dell’irreale. L’impatto visivo e la drammaticità dei toni in Alghedon Le catene dei ricordi colpiscono per la nitidezza delle immagini sapientemente tratteggiate da Gabriele Quarta, i suoi personaggi entrano ed escono dalla scena restituendo a questo bellissimo testo il giusto movimento.
Intervista all’autore
Ciao Gabriele, dopo esserti formato nel campo cinematografico e dello spettacolo, come è stato esordire nel mondo della letteratura?
“Ciao Maria Laura! È stata un’esperienza travolgente, al tempo stesso sia un ritorno alle origini, che l’esplorazione di un mondo nuovo. Un paio di anni dopo aver lasciato l’ambiente dello spettacolo, sentivo il bisogno urgente di tornare a fare qualcosa di creativo, che mi desse l’opportunità di esprimermi. Così mi sono riavvicinato alla scrittura, grande passione di quando ero bambino, trascurata poi nel tempo. È stato un processo di riscoperta: dopo tanto tempo mi sono messo di nuovo al centro della mia vita, e mi sono reso conto che avevo tante cose da dirmi, che prima non avevo più il tempo o la voglia di ascoltare. Ho riabbracciato il mio lato bambino, fantasioso e voglioso di raccontare storie, scoprendo e capendo al tempo stesso lati del me adulto. Eppure, paradossalmente, l’aspetto più complesso di questo percorso, almeno al momento, non è stato tanto il viaggio interiore, bensì quello esteriore. Sebbene sia sempre stato un lettore accanito, ero completamente avulso dai meccanismi interni dell’editoria, e ancora adesso sinceramente non sono sicuro di averli compresi appieno. Questa inesperienza mi ha portato a fare sicuramente delle scelte sbagliate, ma mi ha anche permesso di vivere il tutto come una sfida, e una nuova avvincente avventura.”
Che tipo di scrittore hai scoperto di essere e cosa caratterizza la tua narrativa?
“Mi sono scoperto molto più descrittivo e analitico di quanto mi aspettassi. Nella vita di tutti i giorni sono una persona piuttosto distratta, e spesso mio malgrado mi lascio sfuggire le cose “da sotto il naso”. Nella scrittura, invece, mi piace analizzare e sviscerare ogni aspetto, soprattutto quello emotivo e psicologico dei personaggi. Ho capito che mi piace raccontare storie fantastiche, che esulano dall’ordinario e dal quotidiano, ma ponendo sempre al centro di esse i sentimenti. Siamo creature complesse, e trovo affascinante scandagliare le profondità dell’animo umano, anche nei suoi lati più torbidi. Prendere le emozioni, infinite nelle loro sfumature, e calarle nel mondo della fantasia, altrettanto vasto e sconfinato, permette di creare una vicendevole risonanza tra questi due mondi, che quindi finiscono per espandersi ulteriormente a vicenda. Compenetrandosi. Le emozioni possono prendere vita in veri e propri esseri, permettendo al fantastico di diventare reale, e alla realtà di prendere una dimensione altra. Questo è ciò che cerco, in ogni singola cosa che scrivo.”
Parlaci del personaggio principale Lorenzo e quali sfide lo attendono
“La particolarità di Lorenzo è che non ha nessuna particolarità. È un ragazzo come tutti, che ha problemi con la propria famiglia, con la fidanzata, con sé stesso. E proprio per questo, è unico e irripetibile, così come lo è ciascuno di noi. Nel suo viaggio, dovrà affrontare ombre e mostruosità, e capirne l’origine. Starà a lui, poi, decidere se accettare la verità, o se combatterla, o se scappare da essa. Spesso, anche quando la scelta ci sembra scontata verso una direzione, così non è per un’altra persona. Il suo percorso lo porterà quindi a capire quanto la realtà possa essere sfaccettata, e soggettiva.”
Alghedon sembra essere lo spazio dell’interiorità, delle paure e delle fragilità, un “luogo” in cui risiedono i propri demoni …
“È proprio così. Alghedon, che in greco antico significa “sofferenza”, è quella dimensione reale e al tempo stesso onirica in cui dimora il nostro dolore interiore. Questo, se non siamo in grado di ascoltarlo e di comprenderlo, può assumere varie forme. Da mostruosità cacciatrici, a vere e proprie prigioni. Starà al protagonista capire come salvarsi: se evadere da esse, o distruggerne le mura, o se assimilarle e farle proprie, cercando di non farsi trascinare giù dal loro peso. È un non-luogo presente in ciascuno di noi, e quindi per questo più reale e concreto di tanti altri in cui viviamo ogni giorno.”
Quale rapporto c’è fra il protagonista e gli altri personaggi?
“Il rapporto è principalmente conflittuale. Amare qualcuno spesso ci porta a creare un’idea di questa persona idealizzata, o parziale. Ma la vita ci porta davanti a bivi, e come dicevamo prima, le scelte di queste persone così care potrebbero finire per spiazzarci e disorientarci. La delusione può portare all’aggressività, o al silenzio. Il silenzio porta altro silenzio. E così, quell’idea parziale si distorce ulteriormente, modellata dal risentimento e dal dolore. Il più grande nemico di qualunque rapporto, a prescindere da che natura abbia, è la mancanza di comunicazione. Ma comunicare significa esporsi, lasciare il fianco scoperto all’altro, che potrebbe prendere le tue emozioni e usarle contro di te. Ecco perché è così difficile. Eppure, trovo sia sempre meglio il dolore dato dal tentativo di inclusione, che il vuoto lasciato dal rifiuto di ascolto. Lorenzo, che non è mai stato abituato al dialogo, imparerà questa prospettiva sulla sua pelle, in modo violento e traumatico. Starà a lui decidere se accettarla o meno.”
La trama è arricchita da potenti immagini dal forte significato metaforico e simbolico: quanto contano nella tua scrittura e quale impatto credi possano avere nel lettore?
“Metafore e simbolismi hanno un peso quasi essenziale nella mia scrittura. Mi consentono di sviscerare la realtà, di impersonificare l’astratto. In ogni storia che racconto, cerco di rendere gli avvenimenti un flusso sempre in movimento, e trovo che utilizzare queste due figure possa aiutarmi ad approfondire la narrazione, senza per questo stopparla o rallentarla in modo eccessivo. Permettendo così al lettore di rimanere coinvolto nell’azione, cercando al tempo stesso di colpirlo e di provocare in lui emozioni che non siano semplicemente causate dal susseguirsi di eventi. Quasi infiltrandole e facendole permeare sottopelle, mentre questi vive i fatti narrati. Altrimenti, a mio vedere, la storia rischia di diventare nient’altro che una sorta di “lista di cose che sono successe” al personaggio.”
Quale messaggio custodisce il libro?
“Il libro vuole essere un aiuto per chi non sa come affrontare il proprio dolore. Ho cercato, per quanto possibile, di fornire la mia prospettiva ed il mio punto di vista. Per quanto i fatti narrati nel romanzo possano essere violenti, o tinti di orrore, questi in realtà non è altri che un grosso abbraccio al lettore. Perché tutti soffriamo, fa parte della vita. E a volte questo dolore è troppo grande per essere messo sotto al tappeto, o affrontato a testa bassa. A volte ciò di cui si ha bisogno quindi, a mio parere, è sedersi affianco al proprio dolore. Ascoltarlo, comprenderlo, per poi imparare a rialzarsi con esso. Certe ferite non ci lasceranno mai, e faranno sempre parte di noi. È importante perciò capirne ogni sfaccettatura, imparare veramente da esse, e farle diventare una cicatrice. Anche se questa non sparirà, non sanguinerà neppure, e noi potremmo vivere e gioire, nonostante quel taglio.”
Stai lavorando a altri romanzi?
“Assolutamente! Da circa un anno sto lavorando ad un romanzo di fantascienza, ambientato in un futuro distopico in cui le conseguenze dell’inquinamento e del surriscaldamento globale hanno fatto pienamente il loro corso. La protagonista sarà una dei pochi esseri umani superstiti, e dovrà districarsi tra Dei, Diavoli e, peggio ancora, i propri simili. Ritengo di essere a buon punto, ma devo ancora scrivere la prima stesura di tutta la parte finale.
Ovviamente ho già bene in mente cosa dovrebbe succedere, ma chissà, magari strada facendo la nostra Daira, o gli altri personaggi con cui interagirà, mi suggeriranno un nuovo percorso. A mio vedere, è proprio questo il lato più interessante e divertente della scrittura: lasciare che i personaggi prendano vita, farsi condizionare da una risposta istintiva a cui abbiamo dato voce per conto loro, e far sì che siano essi stessi a plasmare il proprio destino, portando l’autore in lidi anche differenti e distanti da quelli immaginati inizialmente. Il progetto, comunque, mi sta coinvolgendo e trascinando molto, spero una volta ultimato di avere il piacere di fartelo leggere! Ti ringrazio di cuore per l’intervista.”
GABRIELE QUARTA è nato a Roma nel 1995. Dopo aver studiato direzione della fotografia cineamatografica arriva a lavorare nell’ambito dell’illuminotecnica per enti e case produttrici elitarie dello spettacolo italiano. Col tempo virerà poi verso una sicuramente più comoda, ma a suo sentire grigia, vita da ufficio. Non potendo tuttavia fare a meno di esprimersi, ed essendo da sempre lettore appassionato, riscopre il fuoco mai veramente sopito per la scrittura. Dopo aver passato l’intera infanzia a scrivere e immaginare storie, e dopo aver trovato finalmente il coraggio di darsi un’occasione, ora è all’esordio letterario.