Subiaco – E’ sicuramente uno dei luoghi della Valle Aniene che caratterizzano da sempre e fortemente la realtà sublacense. Sono i monasteri benedettini (Santa Scolastica e San Benedetto) che si ergono a ridosso della montagna che sale in direzione di Jenne, definita la porta della Valle Aniene. Un panorama mozzafiato, un ambiente dove la fede regna sovrana unitamente al raccoglimento e alla pace. Negli ultimi tempi è in continuo aumento il flusso di turisti che da ogni dove, e specialmente nel fine settimana fanno visita in questi luoghi sacri destinati a restare impressi nei ricordi di molti fedeli. Nei luoghi dei monasteri, del Sacro Speco si respira una aria che purifica l’anima. E così molti approfittano anche per lasciare le auto nella parte bassa e fare un pellegrinaggio a piedi verso i suggestivi monasteri.
La storia narra che San Benedetto fondò nella valle sublacense dodici cenobi, abitati da altrettanti monaci. Egli andò a vivere in un luogo poco distante, situato nella villa neroniana, posta sulla riva destra dell’Aniene: questo fu il primo monastero, che si chiamò “San Clemente”.
San Benedetto dedicò a papa Silvestro un altro monastero, che più tardi si chiamerà “Santa Scolastica”. Nel IX secolo fu distrutto dai Saraceni: papa Gregorio IV lo riedificò, Leone IV lo completò e Benedetto VII lo consacrò col nome di San Benedetto e Santa Scolastica.
Nel X secolo, sotto l’abate Leone III, fu costruita una grande e nuova chiesa in stile romanico. Nel secolo XI l’abate francese Umberto edificò il campanile, il dormitorio dei monaci, una sala comune riscaldata e una parte del chiostro con colonne di marmo. Successivamente Giovanni V, considerato l’abate più grande tra tutti gli abati di Subiaco, dotò il monastero di altri locali, che divennero ancora più numerosi sotto l’abate Romano. In questo periodo prese vita il monastero di San Benedetto, ad opera del Beato Palombo che chiese a Romano il permesso di dimorare, come eremita, presso la “sacra grotta”; altri si avvicinarono a lui e, alla fine del XII secolo, si impiantò il primo cenobio, con un priore dipendente dall’abate della sottostante abbazia.
Vi furono, quindi, due monasteri e un’unica comunità (salvo l’interruzione dal 1739 al 1853), che i papi seguirono con grande cura, li beneficarono generosamente e spesso in essi soggiornarono. Tra questi ricordiamo Innocenzo III, Gregorio IX e Alessandro IV. In seguito ad un fatto increscioso, gli abati furono eletti dalla Curia romana: non sempre ciò fu conveniente, tanto che i monaci diminuirono di numero e tra essi vi furono molti nobili, figli cadetti, obbligati ad entrare in monastero e, perciò, insofferenti.
Nel 1363 fu eletto abate Bartolomeo III, di Siena, che, non riuscendo a ridurre a disciplina i monaci, espulse quelli più indocili e invitò altri, di nazioni diverse, a venire a Subiaco. I Tedeschi accorsero e dal 1364 ai primi decenni del 1500 a Subiaco ci fu una comunità europea. Tra il XIV e il XV secolo l’abbazia fu intitolata a Santa Scolastica e il monastero dello Speco si chiamò “San Benedetto”.
Tra i monaci tedeschi arrivarono anche due chierici tipografi Corrado Sweynheym e Arnoldo Pannartz, che, nel 1464, introdussero l’arte della stampa. Nel 1456 nei monasteri di Subiaco fu disposto l’istituto della Commenda; sui monaci, cioè, doveva vigilare un ecclesiastico di nomina pontificia.
Nel 1514 gli abati furono temporanei ed eletti dal capitolo generale della Congregazione Cassinese, della quale i due monasteri erano entrati a far parte. Sotto i Giacobini i monaci dovranno andarsene dall’ottobre 1798 all’ottobre 1799 e sotto Napoleone per cinque anni. Nel 1850 Pio IX chiamò a Subiaco Pier Francesco Casareto con monaci liguri, che riportarono la comunità ad una sequela più rigorosa.
Nel 1915 la commenda fu soppressa. Nel 1944 Subiaco subì i danni della guerra, benché limitati e senza vittime. Oggi è un punto di riferimento per tutti coloro che, sulle orme di San Benedetto, vogliono “cercare Dio”.