Vallepietra – Dal Presidente Enalcaccia di Vallepietra Flavio De Santis riceviamo ed integralmente pubblichiamo: “Per chi ne vive quotidianamente il Parco Regionale dei Monti Simbruini, quello che può essere definito “problema cinghiali” si fa giorno per giorno più pesante. I pascoli delle piane vengono costantemente «arati», e quindi distrutti, lasciando le cotiche erbose inadatte allo sfalcio e al pascolo. Per non parlare dei danni arrecati alle aree coltivate, che ne azzerano di fatto la redditività, per non parlare della sempre più assidua presenza nei centri abitati, ed in particolare nel centro urbano di Jenne e dei comuni limitrofi. Del resto il bosco nel tardo autunno e in inverno offre poco, e di conseguenza, i suidi si avvicinano alle case, perdendo la naturale diffidenza che rappresenta la naturale sicurezza per animali e uomo.
Gli agricoltori e i sindaci dei Comuni del Parco sono impotenti e da anni chiedono urgenti soluzioni agli organi competenti, in primis al Parco Regionale dei Monti Simbruini, ente gestore del territorio.
Le soluzioni sarebbero già previste dalla Deliberazione della Giunta Regionale 6 giugno 2006 n. 320 direttiva per l’individuazione dei criteri di attuazione dei prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici all’interno delle aree protette della Regione Lazio ai sensi della legge regionale 29/97, sulla caccia di selezione al cinghiale nelle aree protette, che offre la possibilità ai sele controllori abilitati di costruire altane e punti fissi sui prati e pascoli montani per attuare un serio controllo, anche nel periodo di caccia chiusa con il coordinamento dalla vigilanza dei guardaparco.
In tal senso nel 2014 su proposta dell’Unione Nazionale Enalcaccia Pesca e Tiro, circolo comunale di Vallepietra è stato avviato e concluso un corso di formazione per coadiuvanti delle attività di controllo numerico del cinghiale nel Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, grazie al quale sono stati formati ventitre sele controllori, pronti a coadiuvare il personale del Parco nell’opera di contenimento numerico del selvatico.
Un buon esempio di gestione e contenimento del cinghiale è proposto dal regolamento della Provincia di Arezzo, per la gestione degli interventi di contenimento del cinghiale (di cui auspico la visione), non c’è bisogno di spendere molte parole per osservare che il raffronto con la Toscana è per noi improponibile, e lo è per una serie di fattori che riguardano le diverse condizioni faunistico-ambientali, le tradizioni venatorie, ma soprattutto la legislazione venatoria. Sarebbe auspicabile il ritorno alla caccia per distretti comunali, dove i cacciatori stessi siano responsabili del capitale faunistico, con un prelievo eco sostenibile e scientificamente pianificato premi la conservazione delle altre specie autoctone controllando la diffusione degli opportunisti e delle specie in esubero. Sono in molti a non comprendere come mai, in altri parchi d’Italia cacciatori e sele controllori partecipino al prelievo in selezione e controllo di specie invasive mentre nel Parco dei Monti Simbruini non si attivano tali risorse al servizio della Comunità che lo abita, la stessa che deve sopportare supinamente danni e disagi, nonché i pericoli derivati alla circolazione. La mancanza di un controllo capillare contribuisce, tra l’altro, alla prolificazione del prelievo illegale ad opera dei bracconieri, sostenuti indirettamente dall’esasperazione di agricoltori e allevatori che nonostante le barriere protettive (reti, staccionate, recinzioni elettrificate), non riescono ad arginare i danni provocati dai cinghiali.
Oggi non possiamo più permetterci di perdere altro tempo, ma dobbiamo sentirci invece tutti impegnati a migliorare le cose nei modi, e con gli strumenti, che abbiamo a disposizione iniziando con la predisposizione di un piano di controllo sul quale l’Ispra sarà chiamato ad esprimere il proprio giudizio tecnico di fattibilità, per applicare e favorire un rapporto equilibrato tra le specie invasive e la popolazione locale.”