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Pratone di Torre Spaccata: tragedia ambientale e disastro annunciato

Roma – Mercoledì 21 agosto una grande parte del Pratone di Torre Spaccata è andata a fuoco. “Ci troviamo a commentare l’epilogo di un disastro annunciato, che ci lascia con poche parole ma danni ingenti e terribili: è ampissima l’area ridotta in cenere, moltissima la vegetazione bruciata – lo rende noto il comitato per il Pratone in una accorata nota che di seguito riportiamo integralmente:  Proviamo tanta rabbia, tristezza, dolore, frustrazione.
Nel tentativo di spegnere l’incendio sono rimaste ferite quattro persone, un vigile del fuoco e tre volontari, che purtroppo sembrano essere in gravi condizioni. A loro va tutta la nostra vicinanza e solidarietà, e l’augurio di una pronta e piena guarigione.

Il Pratone è un’area selvatica di 58 ettari piena di biodiversità, all’interno della quale vivono e migrano mammiferi e uccelli. È un importantissimo territorio non ancora edificato in un quadrante che è stato costruito quasi del tutto, dove mancano spazi verdi e dove è sempre più difficile respirare. È un’area dalla grande rilevanza storica e archeologica.

A due anni da un altro grande incendio che a luglio 2022 aveva colpito il pratone e il parco di Centocelle, tutto questo si sarebbe potuto e dovuto evitare: rispondendo all’abbandono con la cura, all’inaccessibilità con l’attraversabilità, al desiderio di profitto di pochi con la tutela a favore della collettività.

Da tre anni una grande parte della cittadinanza chiede che il pratone – attualmente di proprietà di Cassa depositi e prestiti e da piano regolatore edificabile – diventi un’area verde riconosciuta e tutelata come tale, un bene comune e pubblico.

Un anno e mezzo fa 11.000 persone lo hanno rivendicato firmando una delibera di iniziativa popolare che abbiamo consegnato al Comune di Roma.

Che fine ha fatto quella delibera? Che risposte danno le istituzioni e chi di dovere alla cittadinanza?

La risposta non può essere tenere il Pratone come un’area privata e inaccessibile alle persone, ma occorre renderlo un luogo vissuto e aperto a tuttɜ, anche per evitare il ripetersi di avvenimenti come questo.

Nei giorni che verranno la risposta non potrà e non dovrà essere neanche più cemento ma più aree naturali, da vivere nel rispetto di tutte le specie che le attraversano.

E dopo questo ennesimo disastro la risposta non potranno essere nemmeno le decisioni calate dall’alto, ma l’ascolto dei territori e delle comunità che quei territori li abitano.

Il Pratone r-esiste, ora e sempre, nonostante tutto”