Carsoli. Primo Maggio, giornata mondiale del lavoro e dei lavoratori, simbolo delle conquiste sindacali e dei traguardi raggiunti in campo economico e sociale. Eppure, piuttosto che rimarcare l’aspetto primario della celebrazione, sarebbe bene prendere spunto da essa per riflettere su un problema ormai noto, di fronte al quale tuttavia non possiamo permetterci di rimanere inermi. Il nostro paese naviga, a livello occupazionale, in acque non propriamente tranquille, con il lavoro che scarseggia, con le aziende costrette a tagli drastici o licenziamenti in tronco, con gli impiegati precari costretti ai salti mortali nella speranza di un posto fisso che potrebbe anche non arrivare mai. I numeri sono impietosi: “dal 2007 al 2014- questo è il dato di Repubblica- la disoccupazione è cresciuta del 108%, quasi il doppio della media europea”. Senza contare poi la disoccupazione giovanile, giunta a livelli mai sfiorati negli anni precedenti. Ci rimane dunque poco, o forse nulla, da festeggiare.
Il lavoro, il principio fondativo della nostra Repubblica, diviene pertanto un diritto da difendere, un bene da proteggere contro gli abusi, contro chi mette in pericolo le prospettive di vita, proprio come hanno fatto quegli operai che nel Settembre del 1886 sono scesi in piazza a Chicago per difendere i propri diritti e per i quali hanno dato la propria vita. Il primo Maggio è senza dubbio l’occasione giusta per ribadire l’imprescindibilità di un diritto di cui nessuno può essere privato. Del resto ” Il Quarto Stato”- come lo chiama Pellizza da Volpedo nel suo celebre quadro- è da sempre il motore della nostra società, la base indispensabile per ogni crescita e sviluppo sociale e come tale va tutelata “in ogni sua forma ed applicazione”, come recita l’ articolo 35 co.1 della Costituzione.
(Antonio Di Francesco)