Rieti – Da Clemente Dominici riceviamo ed integralmente pubblichiamo: “Le recenti iniziative prese dal nuovo comitato leonessano di riproporre un referendum popolare per ottenere il passaggio in Umbria riporta alla ribalta una questione mai sopita riguardo al destino dell’identità della Provincia di Rieti, un destino quanto mai precario soprattutto dopo La lunga serie di decisioni nazionali, vecchie e nuove, di sopprimere o accorpare quegli enti statali o parastatali che identificano la presenza dello Stato su un territorio ben definito dove convivono due poteri o – forse meglio – due competenze: quelle centrali, esercitate da questi enti e quelle locali gestite essenzialmente dalla Provincia e dai Comuni. Va da sé, quindi, che Prefettura, sul versante statale, e la Provincia, su quello locale, hanno sempre individuato e rappresentato l’unitarietà di un territorio costruito su realtà sociali e territoriali diverse, costituendo anche un valido collante unitario riconosciuto da tutti, al di qualche sporadica iniziativa secessionista. Tutto questo meccanismo ha retto e funzionato per molti anni, dalla costituzione della provincia di Rieti nel 1927, governata allora dallo Stato centrale con la “sottoprefettura” di Perugia, alle nuove riforme che si profilano all’orizzonte. Riforme che stanno scardinando sia il livello centrale, con le soppressioni di vari uffici statali già realizzate e con quelle annunciate, a cominciare dalla Prefettura, sia il livello periferico: la prossima chiusura della Provincia. E’ evidente che la nuova situazione crea un serio pericolo per la stessa unitarietà di questo territorio che finora ha retto bene per le ragioni di cui sopra. La prossima sparizione degli uffici statali più importanti, da un lato, e della Provincia, dall’altro, toglierà però quel collante che ha unificato realtà diverse tra di loro: Rieti città, la Bassa Sabina, il Cicolano, il Turano, l’Amatriciano e da queste zone – tutte intere o in parte – presto partiranno spinte, non secessioniste perché non esisterà più una realtà unitaria, ma aggregazioniste verso realtà più simili e soprattutto più vicine. Ed allora, quale sarà il futuro di questo territorio? Domanda che dovrebbe rivolgersi concretamente sin da subito la nostra classe politica, amministrativa, culturale ed economica.
Per fare questo occorre però partire dai dati concreti: ad oggi, a prescindere dai tentativi in atto di unificare il livelli di comando centrale con Viterbo, realtà dalla quale siamo completamente estranei, pende un unico progetto che, approvata nel prossimo aprile, la riforma costituzionale in discussione, potrebbe andare rapidamente in porto: la creazione delle nuove macro regioni proposte con un disegno di legge costituzionale presentato dai senatori Morassut e Ranucci con il quale:
– la città metropolitana di Roma assumerebbe il rango di Regione;
-la provincia di Rieti verrebbe aggregata alla Regione adriatica;
-la provincia di Viterbo passerebbe con Toscana e Umbria;
-le province di Frosinone e Latina andrebbero con la Campania.
E’ evidente che questo quadro sarebbe poco penalizzante per le altre province laziali, che hanno comunque una popolazione capace di mantenere autonomia concreta sia sul versante delle competenze statali che su quelle locali, ma che per Rieti sarebbe invece devastante.
Devastante sia se mantenesse la sua compattezza territoriale perché non sarebbe in grado di conservare uffici ed enti statali, sempre più compressi nell’ottica della spending review, sia – peggio ancora – se perdesse la sua attuale unità territoriale.
Perché, se questa riforma dovesse prendere corpo, ad alzare la voce non sarà solo Leonessa o, in futuro, l’Amatriciano, il Cicolano o parte del Turano ma soprattutto la Bassa Sabina che, come importanza economica e popolazione, non è certo una realtà irrilevante.
Sarebbe infatti giustificabile che città come Passo Corese, con tutto il Comune di Fara Sabina, distante appena trenta chilometri da Roma, o anche realtà importanti come Poggio Mirteto, venissero aggregate a regioni con capoluogo Ancona o Pescara? Credo certamente di no.
E allora, a mio modesto parere, da amministratore di “lungo corso” e profondo conoscitore delle varie realtà della Sabina, penso che per Rieti e provincia ci sia solo una possibilità per rimanere agganciate alle possibilità future di sviluppo e progresso: entrare insieme nella città metropolitana di Roma! Diversamente saremmo solo sempre pochi e sempre marginali! ”