Il primo accenno al nome Riofreddo, che in seguito caratterizzerà il territorio, si trova tra i documenti del monastero Sublacense e precisamente in un Privilegio di Papa Nicolò I, a conferma dei possedimenti del monastero stesso, in data 20 agosto 867, ove è citato il “fundum” di San Giorgio, che comprende anche ” l’aqua qui vocatur frigida seu timida”.
Non sappiamo poi quando il termine “aqua frigida” divenisse “rivus frigidus” ma è certo che esso appare documentato per la prima volta nel 1157 quale luogo di origine di Bernardo (Bernardus de Rivofrigido) testimone di un atto di investitura fatto da Papa Adriano IV. La trasformazione del toponimo parrebbe coincidere con il sorgere del castello. Non è ancora possibile documentare quando questo sia stato edificato, ma è certo che al tempo di Nicolò I il territorio era popolato da gruppi sparsi che abitavano in casali e che si raccoglievano intorno ad alcune pievi per celebrare cerimonie e riti comuni, mentre nel 1157 era già sorto un castello, che aveva assunto il nome di “Rivus Frigidus”. In questo passaggio è interessante notare come il culto dei santi (Giorgio, Marco ed Elia), già venerati nelle pievi, viene rinnovato nella chiesa castrale e successivamente determina il nome dei “quarti” in cui fu diviso tutto il territorio ai fini dello sfruttamento agricolo. E’ probabile che il Bernardo citato nel 1157 fosse un membro della famiglia Colonna, che è sicuramente presente in Riofreddo, in torno al 1287, nella figura di Landolfo Colonna “miles Rivifrigidi et Rubiani dominus”. Con Landolfo inizia una documentazione puntuale di questo ramo dei Colonna, i cosidetti “Colonna di Riofreddo”, che saranno legati al paese, tra alterne vicende, fino alla fine del XVI secolo. In tutto questo periodo essi parteciperanno direttamente o indirettamente ai grandi eventi storici, talvolta insieme alla loro potente famiglia, talvolta divisi da essa. Infatti nella controversia tra i Colonna e Bonifacio VIII, si schierarono con il Papa; ciononostante, quest’ultimo, senza alcun apparente motivo, confiscò loro Riofreddo e lo assegnò agli Orsini, che lo possedettero quindi per un breve periodo. Inoltre nel 1500 Papa Alessandro VI affidò Riofreddo, seppure per un tempo limitato, a Cesare Borgia, Abbate Commendatario di Subiaco. Il paese era, però, ancora sotto i Colonna nel 1550 quando fu stilato lo “statuto”, documento per altro mai approvato dal Pontefice, e che scomparve a soli cinque anni dalla sua formulazione, sostituito da una copia di sospetta autenticità. Gli ultimi anni della presenza dei Colonna in Riofreddo, furono infine caratterizzati da lunghe vertenze fra una numerosa schiera di coeredi. In seguito, con due atti separati, uno del 1554 e l’altro del 1560, monsignor Paolo del Drago, protonotaro apostolico, acquistò il castello di Riofreddo, che fu eletto a marchesato nel 1621 da Papa Grgorio XV. E’ importante ricordare, quale avvenimento eccezionale, l’epidemia di peste che nel 1683 colpì molto duramente il paese, in quanto rese necessaria l’immigrazione di forestieri per ripopolarlo. I nuovi signori non furono bene accetti ai Riofreddani in quanto incominciarono ad imporre tasse, gabelle e pagamenti vari che gravavano particolarmente su quei generi necessari ad un sostentamento già precario di una popolazione povera; rivendicavano inoltre i diritti feudali quali il diritto fondiario e quello di succedere all’eredità di coloro che morivano senza figli: titoli tutti questi che non potevano aver acquistato dai Colonna in quanto essi non ne godevano. I trecento anni che vedono protagonisti i del Drago si caratterizzano quindi in lunghe e costose controversie giudiziarie che terminano solo nel 1795 e trovarono una definitiva soluzione nel 1804, grazie ad un accordo con il quale i Riofreddani riconoscevano ai del Drago la proprietà della vasta estensione della macchia di Sesera e questi, dal canto loro, rinunciavano a tutti i privilegi baronali. Ma ormai, con la rivoluzione francese, si era aperta una nuova era, che porrà fine ad ogni retaggio medievale per cui i diritti feudali, pretesi dalla nobiltà, sarebbero comunque decaduti in breve tempo. Riofreddo vive alcuni mesi di un’esperienza esaltante al tempo della repubblica Romana del 1798-1799, quando si trova ad essere capoluogo del cantone omonimo, il 6° dipartimento del Tevere. Il cantone comprendeva oltre al territorio di Riofreddo, quelli di Vallinfreda, Vivaro, Arsoli, Roviano,Cineto (allora: “Scarpa”), Anticoli, Sambuci, Saracinesco, Civitella, Licenza, Rocca Giovine, Percile. Dal secolo XVII e poi sempre più nel XVIII e fino agli albori del XIX, è documentata a Riofreddo una numerosa categoria di commercianti e di carrettieri, un fiorente artigianato, una classe imprenditoriale piuttosto abile e a volte spregiudicata. Nel secolo XIX poi Riofreddo diventerà luogo rinomato di villeggiatura, favorito in ciò anche e non solo dalla presenza di Ricciotti Garibaldi, figlio di Giuseppe e Annita, il quale vi eresse un “castello”, oggi più propriamente chiamato Villa Garibaldi e sede del “Museo delle Culture”.
I Colonna (dal XII al XVI SECOLO):
A partire dal XII secolo, i Colonna sono i primi feudatari presenti a Riofreddo. Il ramo della famiglia che risiede sul posto ne prende il nome (è noto, infatti, come Colonna-Riofreddo) e già questo dimostra quanto fosse importante il piccolo feudo che, nonostante le sue ridotte dimensioni, è in una posizione strategica: ai confini tra il Patrimonium Petri e il Regno di Napoli e sul percorso dell’antica via Valeria, rappresenta certamente un luogo di rilievo per i “traffici”, sia di natura politica, che di natura economica e commerciale. Il personaggio più importante dei Colonna-Riofreddo è Landolfo, vissuto negli ultimi decenni del XIII secolo – Soldato di Riofreddo e Signore di Roviano – che possiede diversi feudi nella zona. Egli è per la popolazione locale un custode che risiede nel luogo, a difesa di esso. I Colonna-Riofreddo, a differenza delle altre linee della famiglia, adottano una politica particolare nei confronti dei pontefici, in quanto ne sono spesso alleati. Antonio, figlio di Landolfo, fa restaurare e affrescare la chiesa della ss. Annunziata nel 1422, durante il pontificato di Martino V (al secolo Oddone Colonna, papa dal 1417 al 1431), che gli concede molte agevolazioni. Intorno al 1459, la linea di Riofreddo si estingue e il feudo è conteso tra gli ultimi eredi, i Colonna di Paliano e i Caffarelli. Tra il 1554 e il 1560, Bernardino Caffarelli e Muzio Colonna venderanno Riofreddo al protonotario apostolico Paolo Del Drago.
I Del Drago (dal XVI al XX secolo):
Nel medioevo esiste una rete di ospedali sul territorio che porta a Roma: uno dei più antichi, l’Annunziata di Tivoli già esistente agli inizi del XV secolo ha lo stesso nome dell’ospedale Riofreddano che verrà fondato, o rifondato, nel 1422 dal miles Antonio Colonna (1421-1433) parente del pontefice Martino V (1417-31). Nel 1471 tale ospedale, con Bolla di Paolo II, viene unito al protomonastero di S. Giorgio; nel 1569 vengono stilati i suoi regolamenti, rivisti nel 1582 e riformati nel 1817. L’interesse per l’ospedale sembra calare nel XVII secolo periodo che travolge, in una crisi più generale, le istituzioni minori rette, spesso, da confraternite locali il cui indebolimento porterà alla chiusura degli “ospedaletti”ed all’incorporamento dei maggiori, come l’Annunziata di Tivoli, unito da monsignor Antonio Fonseca all’ospedale di S. Giovanni. Nel 1707, dopo anni d’interruzione, riappare nuovamente nei libri consiliari la carica di “santese” dell’ospedale; questi devono amministrare le rendite, assistere i bisognosi, mantenere le suppellettili, annotare le entrate e le uscite in un libro supervisionato dai Massari. I compiti dell’ospedale medievale, un tempo presente in ogni paese si riscontrano nei libri contabili conosciuti a partire dal 1786 che utilizzano le rendite dei beni amministrati per la manutenzione delle chiese dell’Annunziata e di S. Caterina, con l’acquisto di cera e“girelle” per le festa, delle chiese dell’Immagine, di S. Maria dei Fiorentini e della Maddalena.Gli introiti restanti servono per le cure degli infermi, a cui vengono somministrati salassi, piccoli interventi chirurgici, ortopedici o ingessature; per pagare il medico, il chirurgo, lo speziale che fornisce medicine, il parroco e il sacrestano che dicono messa ed amministrano i sacramenti, le balie locali che allattano i bambini di passaggio, i trasportatori che portano neonati ed infermi a Roma, a Tivoli, a Carsoli, i fornitori di letti, lenzuola, coperte. Più in generale l’ospedale di Riofreddo sembra percorrere la storia degli ospedali decentrati che alleggeriscono la pressione sugli ospedali romani prestando le cure a domicilio e le cure ai malati meno gravi, allattando i bambini abbandonati nel lungo cammino verso l’ospedale di S. Spirito di Roma, portando, con carrettieri specializzati i malati più gravi, o i proietti, negli ospedali maggiori. Nel 1893 Ricciotti Garibaldi (ultimo figlio di Giuseppe),stabilisce la sua dimora a Riofreddo, insieme a sua moglie Costanza, la quale nella sua qualità di infermiera decide di ridare vita all’antico e malridotto ospedale della ss. Annunziata, istituendo un piccolo centro per l’assistenza ed il pronto soccorso. Nel 1919 nasce formalmente l’ambulatorio “Costanza Garibaldi” che diviene un punto di riferimento per i Riofreddani e gli abitanti dei paesi vicini. Eretto in ente morale nel 1929, viene rimodernato e ampliato grazie alla generosità di amici e conoscenti con i quali Costanza è in contatto.
La chiesa della ss. Annunziata, adiacente all’ospedale medievale di Riofreddo, e già cappella dello
Un codice del monastero benedettino di Subiaco, detto Regesto sublacense del secolo XI, conserva memoria della storia dell’abbazia e dei suoi possedimenti. Fra i beni descritti è nominato già dal IX secolo come possesso dell’abbazia anche un “Fondo che viene chiamato di s. Giorgio, o del Monte Sasso detto Sicco o Malo che sta sopra la chiesa di s. Giorgio (…) con tutti gli altri luoghi annessi”. Questo era situato presso il torrente chiamato comunemente nel medioevo “Acqua Frigida” sul quale l’imperatore Nerva aveva fatto costruire il ponte sulla via Valeria nelle antiche carte spesso indicato col nome di “Arco di s. Giorgio”. Frequentemente nominato nelle lettere papali riguardanti l’abbazia di Subiaco, il possedimento di s. Giorgio fungeva da importante snodo di comunicazione dominando il crocevia commerciale e culturale sulla Valeria ai confini fra il territorio marsicano, cicolano, reatino, tiburtino e sublacense. La sua funzione, ancora assai viva sotto la dominazione Colonna e nel XVI secolo, venne progressivamente decadendo nel corso del Sei e Settecento: l’antico possedimento benedettino venne prima eretto in commenda sotto Innocenzo X (1645) e unito alla basilica romana di s. Pancrazio di cui era titolare il cardinal Maidalchini, e poi dato in enfiteusi alla famiglia Roberti nel 1750. L’antica fondazione risalente all’VIII secolo, oggi un rudere ricoperto dai rovi, fu oggetto di vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Il più importante data alla fine del XII secolo, quando sia la chiesa che l’annesso edificio monastico vennero in gran parte riedificati. A questa data si possono far risalire le pietre squadrate della cornice del portale in pietra ancora in loco, i resti dell’antico Ciborio di cui la Parrocchiale di s. Nicola conserva due colonne portanti, ed altri avanzi della decorazione architettonica sparsi nel territorio di Riofreddo. Nel corso del Quattrocento l’interno della chiesa ad aula unica venne rimaneggiato con l’aggiunta di tre cappelle sulla sinistra dell’abside che in antico dovettero essere affrescate probabilmente dallo stesso pittore attivo nel 1420 nell’Oratorio dell’Annunziata per volere dei Colonna. Ancora oggi si possono vedere i resti del campanile che si erge sul lato sinistro della chiesa, le mura perimetrali dell’insediamento monastico e parte della facciata della chiesa che all’interno conserva visibile la struttura dell’abside e la cripta, luogo di sepoltura nel corso dei secoli.
Costituiva la monumentale porta di accesso al borgo per chi proveniva da Roma lungo il tracciato della via Valeria vetus. Realizzato con blocchi di calcare bugnati costituisce uno dei simboli del paese. Recentemente è stato restaurato. Prende il nome dalla chiesa “situata nell’ingresso della Terra (cioè del paese)” (Alessandri, 1988) che anticamente era di pertinenza dell’Ospedale della SS. Annunziata che se ne serviva anche per seppellire coloro che in esso morivano; Il vescovo di Tivoli, Marcello Santacroce, quando nel 1659 si recò a Riofreddo, trovò la chiesa chiusa perché in essa erano stati tumulati i morti della peste. Successivamente la chiesa riacquistò le sue funzioni come attesta il vescovo Antonio Fonseca il quale nel 1693 riferisce che il popolo di Riofreddo ogni sesto giorno del mese di marzo vi si recava in processione, in omaggio ad un’antica tradizione. Lo stesso vescovo trovò in S. Caterina la campana di S. Elia e decretò che fosse restituita al suo luogo di origine. La chiesa continuò a esistere fino al 1856, anno in cui, ormai crollato il tetto, vennero tolti la campana ed il quadro raffigurante la santa titolare e ne furono interrate le sepolture. Nel 1866 il sito ove sorgeva la fabbrica venne concesso in enfiteusi ad un privato cittadino poiché dell’edificio ormai non rimaneva nulla.”