Roccagiovine – Lo scorso 3 novembre presso la basilica di San Giovanni in Laterano a Roma si è svolta la cerimonia di beatificazione di Madre Clelia Merloni “amica di Roccagiovine”.
Nata a Forlì il 10 marzo 1861 da famiglia medio borghese, perde la madre all’età di 3 anni e si trasferisce col padre a Sanremo. Il padre si risposa e Clelia prende dalla matrigna i rudimenti della fede. La vita mondana del padre la avvicina ulteriormente alla preghiera. L’11 giugno 1894 fonda l’Istituto delle Suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù, a cui dona anche tutto il patrimonio lasciatole dal padre, convertito grazie a Lei prima della morte. L’Istituto si adopera da allora per aiutare i bambini bisognosi e tutte le persone in difficoltà. A Lei è legato il miracolo della guarigione di un medico brasiliano che, impossibilitato a camminare, dopo che la sua famiglia si rivolse a Madre Clelia, guarì di colpo senza apparente spiegazione. La sua storia si intreccia con quella dell’Istituto e dei suoi problemi finanziari, fino al suo allontanamento dallo stesso. Madre Clelia si lega alla storia di Don Giuseppe di Gennaro. Nel 1921 il Vescovo di Tivoli, Monsignor Luigi Scarano (1867-1931) nominò Don Giuseppe parroco della parrocchia di Roccagiovine. A quel tempo il paese contava qualche centinaio di abitanti dediti per lo più all’agricoltura e alla pastorizia. Trasferitosi nel nostro paese, Don Di Gennaro, che già conosceva e aiutava la madre, la invitò a trasferirsi a Roccagiovine per aprire un asilo e un laboratorio. Madre Clelia accolse la richiesta e il 4 ottobre del 1921 insieme ad altre sorelle partì alla volta del nostro paese, dove, dopo essere scesa dal treno a Mandela, arrivò a bordo di due carrettini, perchè altro mezzo di trasporto non vi era. Madre Clelia e le sue compagne presero dimora in una casa vicino alla chiesa e appena poterono iniziarono a svolgere attività apostolica in mezzo alla popolazione. La vita parrocchiale del Paese ebbe un risveglio grazie alle nuove iniziative che le suore promossero. La Madre fece quello che le permetteva la sua malferma salute, dedicandosi alla guida dei canti e alla selezione di nuove voci per il coro, prese il compito di preparare le bambine alla prima comunione insegnando loro il catechismo e le preghiere comuni, insegnò inoltre a molte delle nostre concittadine il ricamo e l’arte della sartoria. In poco tempo, dopo anni di incuria, la parrocchia rifiorì nel mentre le altre suore aprirono anche un asilo infantile e una scuola di lavoro e cucito per le giovani. Don Di Gennaro aveva però un progetto condiviso con il Vescovo che era quello di aprire un orfanotrofio, per realizzarlo prese in affitto l’attuale Castello Orsini, appartenente al Marchese di Roccagiovine, con il progetto di farvi insediare la comunità religiosa. Nell’estate del 1922 la madre con le altre sorelle si trasferirono nel castello ma questo rappresentò un problema per Madre Clelia che per motivi di salute aveva difficoltà a salire e scendere le scale e per questo ottenne il permesso di poter celebrare la messa all’interno del castello. Quando, nell’autunno del 1922, Monsignor Scarano compì una visita pastorale, rimase molto soddisfatto del lavoro della madre vedendo che la popolazione aveva a cuore le suore e non mancava mai di sostenerle ed aiutarle nella loro opera di carità verso i poveri. Durante quel periodo, la povertà era pesante ma la Madre non esitava a privarsi di tutto per darlo agli altri. Nei primi mesi del 1924 avvenne un cambiamento nella vita di Don Di Gennaro che ebbe conseguenze anche sulla madre. Il Vescovo invitò il sacerdote a prendersi cura della parrocchia di Marcellina e gli dette il permesso di portare con se le suore. Madre Clelia non era molto contenta dello spostamento che le veniva proposto, la vita a Roccagiovine e la sua popolazione erano ormai entrate nel suo cuore grazie alla loro bontà ed alla loro accoglienza, ma il legame col Parroco era troppo solido e Madre Clelia Merloni, il 10 agosto del 1924, partì da Roccagiovine per l’ultima volta. Dopo la tappa di Marcellina, Madre Clelia, riammessa nell’Istituto da Lei fondato, tornò a Roma, dove, il 21 novembre 1930, morì.