Roma, arriva la mostra “Pizzi Cannella. Le migranti” alle Corsie Sistine di Santo Spirito in Sassia
In mostra 99 grandi tele inedite, tutte realizzate nel 2015, appese prive del telaio, come delle quinte teatrali o degli abiti lasciati ad asciugare al sole, attorno alle quali ciascun visitatore può aggirarsi e lasciarsi suggestionare dalle possibili storie evocate
Roma – Dall’11 al 27 aprile 2024 alle Corsie Sistine di Santo Spirito in Sassia a Roma apre al pubblico a Roma la mostra Pizzi Cannella. Le migranti, organizzata da BAM Eventi d’Arte, in collaborazione con Archivio Pizzi Cannella, con il contributo di Mucciaccia Gallery e MAG Assicurazioni. L’esposizione ha il patrocinio della Regione Lazio e dell’ASL Roma I.
Le migranti è una mostra dalla forte potenza evocativa, rafforzata dalla scelta della sede, le Corsie Sistine di Santo Spirito in Sassia a Roma, nelle quali è ancora palpabile l’antica funzione di accoglienza e di cura dei pellegrini per le quali furono edificate nel XV secolo per volontà di Papa Sisto IV. E come sottolinea Renata Cristina Mazzantini, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, nel suo testo in catalogo: “Lo spirito del luogo, la sua vocazione storica all’accoglienza e il suo significato simbolico, legato alla caritas cristiana, rendono Santo Spirito in Sassia un luogo ideale per ospitare la mostra… La mostra, dunque, intesse un dialogo profondo e proficuo con lo spirito del luogo. Un dialogo che rende più vitale lo straordinario patrimonio culturale, materiale e immateriale, del complesso architettonico e attraverso una visione dinamica ne rafforza la conoscenza e il grado di percezione”.
In mostra 99 grandi tele inedite, tutte realizzate nel 2015, appese prive del telaio, come delle quinte teatrali o degli abiti lasciati ad asciugare al sole, attorno alle quali ciascun visitatore può aggirarsi e lasciarsi suggestionare dalle possibili storie evocate. Questo perché per Pizzi Cannella non conta tanto lo spazio fisico, tanto quello mentale, nel quale ogni singolo elemento rimanda a emozioni, memorie e suoni, che evocano l’avventura umana.
I 99 abiti sono tutti diversi, disadorni o eleganti, trasparenti e leggeri, importanti ed elaborati, identificati da un nome di donna e ognuno reca scritto un pensiero sul retro, allusivo a delle storie possibili e immaginabili. Abiti che diventano simbolo e insieme essenza di una condizione umana, fragile ma imperturbabile, in cui i concetti di memoria, affezione e radicamento si nutrono vicendevolmente, lasciando allo spettatore il compito di immaginare la vita, la persona, la migrante che letteralmente “abita” quel vestito, le sue paure, i suoi sogni, le sue speranze.
Pizzi Cannella spiega “Le Migranti le ho realizzate nel 2015, tutte di seguito. Ma non le ho mai esposte prima perché finché la migrazione era per tutti un fatto di cronaca… Poi c’è stato come un salto: dalla cronaca si è passati alla storia. Oggi non è più un’emergenza, è una realtà storica. Ecco perché, dopo oltre dieci anni dalla loro esecuzione, ho deciso di mostrarle. Questa è una piccola, diciamo, anomalia legata al mio lavoro. È molto semplice: io credo, sono pronto a giurarlo, che ognuna delle migranti porti con sé, nel povero sacchetto che le è consentito di trasportare in spalla quando monta sui barconi, il suo abito più bello, le sue scarpe più preziose. Un oggetto che fa parte della sua vita che se arriva, quando arriva, e dove arriva, avrà con lei. Mentre lo dico mi fa pensare alla fotografia che hanno in galera gli ergastolani attaccata al muro: è una cosa, una sola, che porta con sé… è il suo non dimenticare, il suo abbraccio alla vita passata, ai suoi amori passati, alla sua famiglia scomparsa. Su tutto ciò ho realizzato questa serie di dipinti, pensando che ognuna de Le Migranti abbia ammucchiato in fondo a quel sacchetto di plastica, unico suo bagaglio, l’abito più bello”.
Nelle parole dell’autore di un testo in catalogo, Cesare Biasini Selvaggi, segretario generale Fondazione THE BANK-Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea: “Pizzi Cannella è un narratore rabdomantico. Sin dagli esordi, oltre cinquant’anni fa, egli ha trovato nella pittura la forma della sua prosa che, in questa occasione, descrive gli abiti più belli de Le Migranti, il suo ennesimo, nuovo viaggio nella memoria personale che diviene collettiva, e viceversa. All’apparenza solo degli oggetti esemplari, di quelli che appartengono alle cerimonie sociali anzi, per dirla con le parole degli antropologi, alla strategia del dono, gli abiti di Pizzi Cannella sono ancora una volta tessuti nella memoria… I loro colori sembrano partoriti dalla notte, quasi affiorati da quelle acque ferali, come evocati da sottili tagli di luce lunare, da colpi di rasoio lanciati nell’oscurità di quel mare ancora più grande per quei migranti e richiedenti asilo che utilizzano la rotta del Mediterraneo centrale per riparare in Europa”.
“Di tutto il lavoro di Pizzi Cannella questa è l’impresa più sentimentale di tutte” scrive Rossella Fumasoni, artista, poetessa e moglie dell’artista, che prosegue: “Le 99 migranti sono una piccola folla di cittadine del mondo e della storia, provenienti da continenti e tempi diversi. Afghane, Armene, Congolesi, Siriane, Cinesi, Ivoriane, Iraniane, Spagnole, Greche, Italiane, Portoghesi e ancora e ancora…”
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale a cura di Cesare Biasini Selvaggi e Giovanna Caterina de Feo, che raccoglie le immagini delle opere in mostra e i saggi di Cesare Biasini Selvaggi, Rossella Fumasoni e Renata Cristina Mazzantini.
Cenni biografici
Piero Pizzi Cannella nasce a Rocca di Papa nel 1955 e comincia a dipingere da piccolissimo. Dal 1974 al 1977 frequenta il corso di pittura tenuto da Alberto Ziveri all’Accademia di Belle Arti di Roma e, contemporaneamente, s’iscrive al corso di Filosofia alla Sapienza. La memoria è, da più di trent’anni, il filo rosso del percorso creativo dell’artista, che si esprime con un linguaggio raffinato ed enigmatico, denso di segni criptici, di tracce simboliche ricorrenti dal significato quasi esoterico. Con una materia pittorica corposa, dai primi Ottanta Pizzi Cannella si concentra su oggetti del quotidiano domestico – come gioielli, abiti, tavoli, fiori secchi, sedie, ventagli, lucertole o anfore – privi di ogni spessore, immersi in una realtà evanescente, per alcuni tratti metafisici, nella quale sembrano condensarsi metaforicamente la vita e l’essenza di un passato dimenticato, le nostalgie, i sogni e le memorie collettive del nostro presente. Nel 1982 stabilisce il suo studio nell’ex pastificio Cerere, nel quartiere romano di San Lorenzo, dando vita alla “Scuola di San Lorenzo” con Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Nunzio e Marco Tirelli, con i quali partecipa a numerose mostre collettive, tra le quali nel 1984 Ateliers, a cura di Achille Bonito Oliva. Negli anni tiene diverse mostre personali e collettive in istituzioni pubbliche e private, in Italia e all’estero. Sue opere sono esposte permanentemente in importanti collezioni, tra le quali: Palazzo Reale di Milano, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, Collezione Maramotti a Reggio Emilia, Casa Schirolli-Bulbarelli di Mantova, Galleria d’Arte Moderna di Bologna, Museo Mumok di Vienna, Hotel des Arts di Tolone, Museo d’Arte Contemporanea di Pechino, Museo Arte Moderne di Saint-Etienne Metropole, Collezione Unicredit, Museo Internazionale della ceramica di Faenza, Biblioteca Nazionale Josè Martì L’Avana, MACRO di Roma, San Giorgio in Poggiale a Bologna, Biedermann Motech a Villingen-Schwenningen (Germania) ed Ermitage di San Pietroburgo.