Roma – La magnifica tomba di Giulio II, alla quale Michelangelo ha dedicato quarant’anni di travagliato lavoro, dal 1505 al 1545, è l’opera più rappresentativa custodita nella basilica di San Pietro in Vincoli. Il monumento, addossato alla parete sud del transetto, è la versione definitiva e semplificata di un progetto molto più ampio, destinato inizialmente alla basilica di San Pietro in Vaticano, sul quale l’artista intervenne più volte, anche col contributo di aiuti, e costituisce un esempio unico e significativo della tormentata vicenda artistica ed intellettuale di Michelangelo. Recenti interventi di restauro a cura della Soprintendenza Speciale hanno riguardato due ambienti alle spalle del monumento molto particolari. Si tratta dell’anti sacrestia e della vecchia sacrestia che per secoli hanno avuto la funzione di collegare la basilica al convento ad essa annesso. Grazie all’ultimo restauro sono tornati alla loro originaria bellezza i preziosi pavimenti in marmi policromi, gli architravi con stemmi del papa della Rovere, una preziosa decorazione pittorica, con specchiature lapidee, inserti marmorei, mosaici e arredi lignei. Nell’anti sacrestia sono custodite due tele di soggetto sacro, una delle quali di Pier Francesco Mola. La particolarità è che nella vecchia sacrestia è conservata la teca in cui furono esposte le catene di San Pietro fino al 1877, anno in cui vennero collocate sotto l’altare maggiore all’interno della basilica.