ROMA – “Siamo in piazza per portare l’attenzione su quattro temi cardine: scuola, lavoro, ambiente e salute mentale. Siamo la generazione zeta, quella che è sempre stata considerata zero. Siamo qui per dire che il futuro è nostro e ce lo vogliamo riprendere!”. Sono le parole di Michele, studente romano che è sceso in piazza ieri con un altro migliaio di studenti e studentesse, dietro lo striscione ‘Ma quale futuro? Ripartiamo dalla scuola’. Si sono ritrovati alle 10 a Piramide e da lì sono partiti in corteo fino al ministero dell’Istruzione, gridando slogan come “Sfruttati ignorati, una generazione di incazzati“, “la scuola è nostra e ce la riprenderemo con la lotta”.
Dopo due anni di sacrifici e mancanze, ora gli studenti e le studentesse chiedono di essere ascoltati, chiedono investimenti reali per l’edilizia scolastica, per la rete dei trasporti, per la formazione e il sostegno psicologico. Chiedono un altro sistema scolastico. “Vogliamo delle ore di educazione ambientale, di educazione sessuale– grida Gabriele del liceo ‘Plinio’ al megafono sotto al ministero- la scuola dovrebbe formarci a tutto tondo, invece non ci insegnano mai quello di cui avremmo davvero bisogno per crescere“. È forte la coscienza generazionale che traspare dalle loro parole, come è forte il desiderio di riprendersi il tempo perduto, l’istruzione sacrificata e la socialità azzerata dalla pandemia.
“Ho scelto la mia scuola perché credevo che fosse un posto per studiare in tranquillità, ma anche per socializzare- ha detto uno studente al megafono sotto al ministero- invece in due anni non ho fatto nessuna amicizia al di fuori della mia classe. Non è possibile che veniamo rinchiusi, perché questa è l’età della socializzazione, in cui dobbiamo imparare a fare gruppo. Oggi a questa manifestazione mi sono fatto più amici di quanti ne abbia conosciuti in due cicli solari della nostra Terra”.
Gli studenti e le studentesse sono “stufi” di sentirsi ignorati da quella stessa politica che continua a chiedere loro pesanti sacrifici, come quello degli orari scaglionati previsti per limitare gli affollamenti. “Siamo stufi di sgolarci nelle piazze e di non essere mai ascoltati da nessuno- grida Giulia del liceo ‘Augusto’ sotto al ministero- da mesi ci sono ragazzi che tornano a casa alle 4, alle 5, ci sono scuole in cui non si fa un’assemblea d’istituto da un anno. Non è normale, per questo siamo scesi e scenderemo in piazza finché ce ne sarà bisogno”. “Neanche il virus ve l’ha fatto capire, sulla scuola dovete investire”, si legge su un cartello colorato che sembra riassumere le istanze e la rabbia di tutta una generazione. Una generazione che non è più disposta ad accettare una scuola e una società da cui si sente esclusa.
“La scuola è diventata un luogo dove imparare a lavorare e non dove sviluppare le nostre vere passioni- dice Sebastiano del liceo ‘Russel’- Le scuole cadono a pezzi e a nessuno interessa. Ci sono scuole a Roma, come la mia, dove non si può fare educazione fisica perché mancano le palestre o sono inagibili. Gli studenti sono i nuovi sfruttati di questa società. Siamo i nuovi ultimi, quelli che non ascolterà nessuno. E siamo qui per cambiare rotta, perché la politica ormai non ha più visione, mira solo a risolvere i problemi a breve termine, senza considerare il futuro. Siamo qui per rivendicare un’altra scuola, un’altra società; per riprenderci il nostro futuro!“. (www.dire.it)