Roma – Slitta, quest’anno, al 18 dicembre 2023, il termine per pagare la seconda rata, con l’eventuale conguaglio, dell’Imu dovuta per il 2023. La scadenza ordinaria del 16 dicembre coincide, infatti, con un sabato. Il versamento può essere effettuato con il modello F24, bollettino di conto corrente postale o tramite la piattaforma pagoPa. Ma occhio anche alle esenzioni.
In caso di versamento tramite modello F24, devono essere utilizzati i codici tributo istituiti dall’Agenzia delle entrate con le risoluzioni nn. 35 e 53 del 2012 e n. 33/2013.
Un po’ di storia
L’Imposta municipale propria, ossia l’Imu, è stata introdotta, in via sperimentale, nel 2012 in sostituzione dell’Ici, ed è stata poi accomunata ad altri tributi locali nella Iuc poi abolita. Attualmente è disciplinata dall’articolo 1, commi 738 e seguenti, della legge n. 160/2019 (Bilancio 2020) ed è applicata in tutti i Comuni dello Stivale, fatta salva l’autonomia impositiva prevista dai rispettivi statuti della Regione Friuli-Venezia Giulia e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Quando nasce l’obbligo e per chi
In via generale l’Imu è dovuta per il possesso di:
- fabbricati, con esclusione delle abitazioni principali (e assimilate) e loro pertinenze, non appartenenti alle categorie catastali A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli)
- aree fabbricabili
- terreni agricoli.
Di regola, il tributo è pagato dal proprietario dell’immobile o dal titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sull’immobile. Sono tenuti al versamento dell’imposta, inoltre: il genitore separato assegnatario della casa familiare, il concessionario di aree demaniali, e il locatario per i fabbricati, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in leasing.
Niente Imu, invece, per l’occupante dell’immobile.
A decidere le aliquote sono i Comuni
La disciplina fissa misure standard di tassazione per ogni tipologia di immobile. I Comuni sono però liberi di applicare, entro determinati limiti, le aliquote più alte o più basse approvate con delibere comunicate e pubblicate obbligatoriamente sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze entro il 28 ottobre di ogni anno. Le delibere sono consultabili, per Comune o area geografica, nella sezione dedicata del sito del Mef, in caso di mancata pubblicazione nei termini restano in vigore le aliquote/detrazioni adottate per l’anno precedente. Quest’ultima regola cambierà dal 2025 (e non più dal 2024 in seguito alla proroga prevista dal decreto “Milleproroghe”), da quando, cioè, entreranno in vigore le disposizione previste dal Dm 7 luglio 2023, che individua, come previsto dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 756 e 757), i beni per quali gli enti locali potranno applicare aliquote diversificate e delinea le modalità di elaborazione e trasmissione dell’apposito prospetto al dipartimento delle Finanze. Con il nuovo sistema, in mancanza della pubblicazione delle aliquote deliberate da Comuni, saranno applicate le percentuali standard fissate per legge e non più quelle dall’anno precedente
Terminata questa breve digressione, torniamo alla prossima scadenza. L’ammontare dell’imposta dovuta si calcola applicando alla base imponibile, costituita dal valore del bene stesso, l’aliquota fissata per la tipologia di immobile.
Nel dettaglio, la base imponibile è costituita:
- per i fabbricati iscritti in catasto (articolo 1, comma 745, legge n. 160/ 2019), dal valore dell’edificio, determinato applicando all’ammontare della rendita catastale, rivalutata del 5%, i seguenti moltiplicatori:
Gruppo/categoria catastale Moltiplicatore A (tranne A/10) 160
A/10 80
B 140
C/1 55
C/2, C/6 e C/7 160
C/3, C/4 e C/5 140
D (tranne D/5) 65
D/5 80
- per le aree fabbricabili (articolo 1, comma 746, della legge n. 160/2019) dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione o dall’adozione degli strumenti urbanistici, tenendo conto dei seguenti elementi della zona territoriale, dell’indice di edificabilità, della destinazione d’uso consentita, degli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, dei prezzi medi di vendita di aree aventi analoghe caratteristiche
- per i terreni agricoli (articolo 1, comma 746, della legge n. 160/2019) e per quelli non coltivati, la base imponibile è costituita dal valore ottenuto applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, un moltiplicatore pari a 135.
Occhio alle esenzioni
Come anticipato, prima di pagare, conviene verificare se il bene in questione non rientri tra le ipotesi di esenzione previste dalla disciplina e cioè tra gli immobili:
- appartenenti agli enti statali e pubblici destinati esclusivamente ai compiti istituzionali
- classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9
- con destinazione a usi culturali (articolo 5-bis, Dpr n. 601/1973)
- destinati esclusivamente all’esercizio del culto e le loro pertinenze
- di proprietà della Santa sede s nei casi previsti dal trattato tra Italia e Vaticano
- appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l’esenzione dall’imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali
- posseduti e utilizzati dai soggetti individuati nella lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del Dlgs 30 dicembre 1992, n. 504/1992, per gli immobili destinati alle attività non lucrative previste dalla norma stessa. Alle medesime ipotesi si applicano, inoltre, le disposizioni previste dall’articolo 91-bis del Dl n. 1/2012 (ad esempio in tema di immobile a utilizzazione mista), e il regolamento definito decreto Mef n. 200/2012.
Non pagano l’Imu, inoltre, i terreni agricoli:
- posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali
- situati nei comuni compresi nell’elenco di cui alla circolare Mef n. 9/1993
- situatati nei comuni delle isole minori dell’allegato A alla legge n. 448/2001
- a immutabile destinazione agrosilvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile.
Dallo scorso anno, ricordiamo, sono nuovamente esenti i fabbricati “merce” ossia gli immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa costruttrice.
Il dipartimento delle Finanze con la risoluzione n. 4/2023 ha tra l’altro specificato che l’imposta non è dovuta sulle unità collabenti non avendo tali fabbricati una propria rilevanza impositiva in quanto privi di rendita.
Un’esenzione nuova di zecca e alcune proroghe
Da quest’anno, come previsto dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 81, legge n. 197/2022), l’imposta municipale propria non è più dovuta per gli immobili occupati abusivamente, a patto che la circostanza sia stata denunciata all’autorità giudiziaria e ne sia stato informato il comune competente secondo le modalità da stabilire con un decreto Mef.
Restano esenti, inoltre, fino alla definitiva ricostruzione o agibilità e comunque non oltre il 31 dicembre 2023: i fabbricati situati nei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, colpiti dal sisma del 21 agosto 2017 nell’isola di Ischia; nelle zone delle regioni Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto interessate dal sisma del 2012; nelle località delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpite dagli eventi sismici verificatisi dal 24 agosto 2016.
Il punto sulle agevolazioni
L’imposta municipale è applicata in misura ridotta, invece, tra l’altro, per:
- le aree fabbricabili possedute e condotte da coltivatori diretti o imprenditori a utilizzazione agrosilvo-pastorale. L’agevolazione consiste nell’esenzione per il soggetto passivo, che sia coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, e nella tassazione quale terreno agricolo per l’eventuale comproprietario privo di tali qualifiche (risoluzione n. 2/Df del 10 marzo 2020)
- i fabbricati di interesse storico o artistico, la cui base imponibile è ridotta del 50 per cento
- i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono tali condizioni, la base imponibile è ridotta del 50 per cento
- le abitazioni concesse in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado e da questi utilizzate come abitazione principale, in tal caso e a determinate condizioni, la base imponibile è ridotta del 50% fatta eccezione per le unità immobiliari accatastate nelle categorie A/1, A/8 e A/9
- le abitazioni locate a canone concordato. In tal caso l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune per le abitazioni diverse da quella principale o per la specifica fattispecie in questione, è ridotta al 75 per cento.