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Silvia Montemurro racconta “Le cicogne della Scala”: sogni, patriarcato e sfide femminili tra le quinte del celebre teatro

La Redazione di Confinelive intervista la scrittrice Silvia Montemurro per esplorare i temi e i retroscena del suo ultimo romanzo, Le cicogne della Scala, pubblicato da Edizioni e/o a (2024).

Buongiorno Silvia e grazie per voler condividere alcuni aspetti legati alla sua nuova opera. Le cicogne della scala ci trasporta negli anni Trenta, un periodo di grandi trasformazioni sia artistiche che politiche. Cosa l’ha colpita di più di quegli anni, soprattutto per quanto riguarda la Scala di Milano?

Mi ha colpito il fatto che fosse un periodo estremamente innovativo. Si pensi alla figura di Toscanini ma anche di Luigi Sapelli che introdusse delle novità non solo a livello dei costumi e delle scene ma anche scenografico e architettonico. Qundi un periodo di grandi cambiamenti e in cui la Scala era ancora il centro della cultura.

La vita di Violetta è segnata da misteri e tragedie come l’incidente che la lascia zoppa? Quanto è stato importante inserire questo “dramma personale” nella sua storia e come si riflette nel suo percorso di crescita?

L’incidente di Violetta è stato funzionale alla storia, volevo che ci fosse uno stop nella vita del personaggio, per arrivare così a conoscere il mondo delle stoffe e delle maestranze dentro la Scala. L’incidente dunque più che nel livello di crescita del personaggio doveva riflettersi proprio nella trama.

Il romanzo offre uno spaccato di vita dietro le quinte della Scala: i costumi, la musica, le relazioni tra i protagonisti. Cosa l’ha affascinata di più nel raccontare questo mondo fatto di arte, passione e sacrificio?

Sicuramente il fatto che non fosse ancora mai stato raccontato il sacrificio di queste maestranze. Mi ha affascinato molto anche il susseguirsi dei vari direttori di orchestra, dei direttori di scena, che quasi sempre erano uomini. Mi ha incupito il fatto che le donne non potessero quasi avvicinarsi agli attori. Ci sono molti aspetti di patriarcato in questa storia e in particolare nel mondo della Scala in quel periodo storico.

Il romanzo racconta storie di donne che si trovano a dover navigare in un mondo fatto perlopiù di uomini, regole, convenzioni sociali e politiche molto rigide. Pensa che le sfide che affrontano le protagoniste del suo romanzo abbiano un parallelo con le sfide delle donne di oggi, soprattutto in contesti artistici e professionali?

Credo di sì, soprattutto nei contesti artistici, come si sottolinea nel libro. Ho incontrato molte donne che fanno parte dell’entourage della Scala e mi hanno raccontato come sia ancora tanto maschile questo mondo, in particolare come si allevano i futuri pianisti. Mi raccontavano che quando una donna inizia a suonare il piano, viene spesso vista più come una brava accompagnatrice, mentre per un uomo si prevede che faccia una carriera da concertista. Ecco, in questo siamo ancora molto indietro, almeno per ciò che mi è stato riferito. Solitamente nei miei romanzi storici ciò che devono affrontare le donne si riflette anche sulle sfide delle donne di oggi. Non solo in campo artistico e musicale ma anche in quello dei principi: farsi valere in qualità di persone.

In che modo il tema della libertà femminile e dell’autodeterminazione emerge nel suo romanzo?

Sicuramente emerge con la figura di Amelia, che deve arrivare a compiere degli escamotage per poter suonare come direttrice d’orchestra. Se non avesse compiuto quell’escamotage non sarebbe riuscita a eseguire per una volta la direzione dell’orchestra della Scala. Ovviamente la sua figura è di fantasia, perché la prima direttrice d’orchestra alla Scala l’abbiamo avuta solo nel 2023 con Speranza Scappucci. Quindi anche qui torniamo al concetto di prima, ovvero l’autodeterminazione come il maschilismo presenti intorno a questo mondo.

C’è qualche aspetto della sua esperienza personale che ha influenzato il modo in cui ha raccontato la storia di Le cicogne della scala?

Ci sono mille aspetti di questo. Ogni romanzo parla di me, ed è normale che sia così. Spesso ai lettori la voce dell’autore da fastidio e per questo cerco sempre di “nascondermi”. Sicuramente ci sono personaggi che si avvicinano al mio modo di essere e di pensare, altri invece meno. Ci sono esperienze della mia infanzia e della mia vita in generale che ricorrono e che sono strettamente legate alla fiction.