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Sismicità in Valle Roveto, nuovi dati geologici sulla faglia del 1654 (Lazio-Abruzzo)

La Valle Roveto è una stretta depressione intermontana dell’Italia centrale, posta nella porzione più occidentale dell’Appennino centro-meridionale, fra Lazio e Abruzzo meridionali. La valle è attraversata dal fiume Liri, che scorre da nord-ovest verso sud-est collegando idrograficamente le due regioni.

Il settore appenninico in esame ha subito effetti di forti terremoti storici con magnitudo fino a Mw 7; fra questi, una delle scosse principali (Mw 6.8) della sequenza sismica del 1349, il terremoto sorano del 1654 (Mw 6.3), il terremoto della Marsica del 1915 (Mw 7.1) e quelli con origine nella stessa Valle Roveto del 1922 (Mw 5.2) e del 1927 (Mw 5.2) (Rovida et al., 2022) (Figura 1). Anche negli ultimi anni la zona è stata interessata da significativa attività sismica: ad esempio, nel caso della sequenza di Balsorano (AQ) del 2019, al cui evento più importante, avvenuto il 7 novembre, è stata attribuita una magnitudo Mw 4.4.

Figura 1 – Inquadramento sismotettonico del settore dell’Appennino centro-meridionale

Lungo il fianco orientale della depressione valliva è individuabile l’emergenza in superficie della “faglia della Valle Roveto”, un elemento strutturale che è parte di un lineamento tettonico di importanza regionale noto come “linea Val Roveto – Atina – Caserta” (Funiciello et al., 1981). Le conoscenze geologiche riguardo alla sua attività recente sono espresse in pubblicazioni che propongono differenti conclusioni: in alcuni lavori è stato ipotizzato che l’attività sia da riferire solamente al Pleistocene inferiore (Carrara et al., 1995a,b), mentre in altri, sulla base di evidenze morfotettoniche, si ipotizza che l’attività sia perdurata per l’intero Quaternario (Roberts e Michetti, 2004; Papanikolaou et al., 2005). Più recentemente, indagini geologiche effettuate lungo il tratto più settentrionale della faglia della Valle Roveto mostrano l’inattività di questa sezione della struttura tettonica a partire dal Pleistocene inferiore-medio (Galadini et al., 2022). Inoltre, studi geologici e morfotettonici condotti nel settore più meridionale della faglia della Valle Roveto, nella zona di Posta Fibreno, hanno permesso di definire attivo – nel Pleistocene superiore-Olocene – questo segmento della struttura tettonica e di ipotizzare che esso possa aver partecipato al processo sismogenetico che ha generato il terremoto del 1654 (Saroli et al., 2022).

Per comprendere meglio l’attività tardo-quaternaria nella sezione centrale della faglia della Valle Roveto, quella approssimativamente compresa tra gli abitati di Canistro e Valpara e per definire il suo ruolo nel contesto sismotettonico dell’Appennino, nonché la relazione con alcuni dei terremoti storici che hanno interessato questo settore dell’Italia peninsulare, sono stati effettuati studi geologici e geomorfologici, descritti in dettaglio nel recente lavoro di Maceroni et al. (2022). Le molteplici evidenze della dislocazione di unità sedimentarie quaternarie hanno permesso di chiarire l’attività recente della faglia. Poiché le dislocazioni interessano anche sedimenti attribuibili al Pleistocene superiore – Olocene, la faglia della Valle Roveto è da ritenersi dunque attiva nel settore indagato (Figura 2).

Figura 2 – a) e b) Vista panoramica del fianco orientale della Valle Roveto, rispettivamente verso sud-est e verso nord-ovest. La scapata di faglia è marcata dalle frecce rosse. Nell’inserto della figura (b) vengono mostrati i dati cinematici disponibili attraverso uno stereonet semplificato, con la direzione dell’estensione regionale (frecce arancioni). c) Schema geologico e geomorfologico semplificato del Sintema di Balsorano, costituito da diversi ordini di conoidi alluvionali, rappresentati dai differenti colori. d) Contatto per faglia fra il substrato carbonatico, al letto, e brecce di versante del Pleistocene Inferiore, al tetto, vicino al sito “Le Chieie” (modificato da Maceroni et al., 2022).

Più specificatamente, le indagini paleosismologiche hanno mostrato che la faglia si è attivata almeno due volte in epoca storica (Figura 3); l’ultimo evento di dislocazione, verificatosi successivamente al XII-XIII secolo d.C., ha generato fagliazione di superficie con entità dello spostamento verticale minimo dell’ordine di almeno alcune decine di centimetri (Maceroni et al., 2022).

Figura 3 – a) Dettaglio della parete dello scavo nel sito di “Le Chieie” che mostra il contatto tettonico (marcato dalle frecce bianco-rosse) fra il substrato carbonatico, al letto della faglia, e il deposito colluviale, al tetto. I pallini gialli indicano la posizione dei campioni di carbone prelevati e sottoposti a datazione col metodo del radiocarbonio. b) Parete dello scavo del sito di “Grotta di San Bartolomeo” (immagine in alto) e interpretazione stratigrafico-strutturale della parete (immagine in basso). c) Dettaglio della zona di faglia della figura (b) che mostra il trascinamento dei depositi detritici e colluviali recenti (indicato dalle frecce rosse) lungo il piano di faglia (modificato da Maceroni et al., 2022).

Nel complesso, le evidenze di dislocazione dei depositi del Pleistocene superiore-Olocene lungo la faglia della Valle Roveto risultano del tutto analoghe a quelle osservate lungo le principali faglie attive e sismogenetiche dell’Appennino centrale (e.g. Galadini et al., 2000; Galadini e Galli, 2000; Barchi et al., 2000; Boncio et al., 2004), ritenute espressione superficiale di importanti sorgenti sismogenetiche, alcune delle quali hanno effettivamente generato forti terremoti (fino a MW 7), come la faglia del Fucino (Galadini e Galli, 1999) nel 1915 e la faglia del Monte Vettore-Monte Bove (Galadini e Galli, 2003) in occasione della sequenza sismica che nel 2016 ha interessato l’Italia centrale.

Applicando le relazioni empiriche che legano la lunghezza superficiale di una faglia con la magnitudo massima attesa da un evento di attivazione della stessa (Wells e Coppersmith, 1994), considerato che le evidenze di attività nel Pleistocene superiore – Olocene riguardano un segmento di lunghezza dell’ordine di 30 – 35 km, si ritiene che la faglia della Valle Roveto sia in grado di generare eventi sismici di magnitudo compresa fra 6.5 e 7. I vincoli cronologici che ne definiscono l’attività (Maceroni et al., 2022), nonché la sua geometria in relazione alla distribuzione delle intensità dei principali terremoti storici dell’area (Rovida et al., 2022; Cucci e Cinti, 2022), consentono di ipotizzare che essa abbia originato l’ultimo e più rilevante evento sismico del Lazio meridionale, ovvero il succitato terremoto del 1654, confermando quanto già ipotizzato almeno per il tratto meridionale della faglia da Saroli et al. (2022).

I nuovi dati geologici oggi disponibili forniscono dunque un avanzamento delle conoscenze sul quadro sismotettonico di questo settore della catena appenninica, evidenziando la presenza di una struttura tettonica attiva, potenzialmente in grado di generare eventi sismici di elevata magnitudo, localizzata in prossimità di importanti centri abitati dell’Italia centrale, fra i quali Avezzano e Sora.