Vicovaro – Come molte celebrità del passato, Marcantonio Sabellico si porta dietro una gloria più ideale che effettiva: nel senso che sono in pochi – nessuno – a leggerlo.
Il tempo non gioca in suo favore, né del resto il clima in cui era immerso nel pieno della sua attività: spezziamo subito una lancia a favore dei (non-)lettori, e diciamo pure che il Sabellico, come molti autori (minori e non) dei secoli decimoquinto e sesto, è rimasto ingabbiato nel personaggio autocostruito di homo di lettere, antiquario, ciceroniano fuori tempo massimo. Un breve excursus di alcuni suoi scritti, però, potrebbe invogliarci a riprenderlo, a ristabilire quella comunità di sentire che può permettere anche a un autore così lontano del tempo e nello stile di comunicare con noi – al di là del comunque preziosissimo e indiscutibile valore storico-letterario (non solo locale, non solo accademico) che la sua figura detiene.
Ma questa nota ci serve anche per lodare un lavoro di ricognizione dell’opera dell’umanista portato avanti all’inizio del nuovo millennio (poi, purtroppo, come spesso in questi casi, interrotto): mi riferisco al volume primo di un progetto di Opera omnia del più grande intellettuale vicovarese curato da Marcello Nobili, Stefania Ronci e Sara Simone. L’appello fra le righe – ma esplicitiamolo pure – è quello di riprendere, in futuro, il progetto, che permetterebbe una divulgazione maggiore dell’opera del Sabellico, una sua sistemazione e anche un’interpretazione filologico-critica in grado di restituirgli il prestigio che merita.
Il volume in questione, come da titolo, contiene Opere storiche minori e Poemetti storici. Non siamo, dunque, all’altezza dell’opera maggiore dell’umanista, la (prima in assoluto) Storia di Venezia; ma questo non impedisce di trovare elementi preziosi anche qui.
Per la precisione, le opere raccolte sono quattro, equamente divise in due in versi e due in prosa. Vediamone una per una.
– De vetustate Aquileiae et Foriiulii libri VI, ovvero Storia di Aquileia e del Friuli in sei libri. Questa, come spiega Marcello Nobili nell’introduzione, è la prima prova di tipo storico ad opera del Sabellico, e certamente il suo carattere compilativo la relega nel gruppo delle minori. Stabilendo come destinatario la classe colta udinese (Sabellico risiedette a Udine tra gli anni ’70 e gli ’80 del XV secolo), l’autore punta (come farà del resto con la Storia di Venezia) a rimediare a una mancanza: non c’era all’epoca un’opera che raccontasse l’origine e la storia del Friuli, di Udine, di Aquileia. Sabellico lo fa estendendosi fino al suo tempo, con un elogio a Benedetto Trevisan (l’allora governatore) che certo svela anche l’aspetto encomiastico dell’opera. Ma, occasioni a parte, le prime pagine dello scritto, ad esempio, quelle in cui descrive lo scenario geografico del Friuli, del Tagliamento, spesso mescolandolo col mito («la profondità straordinaria di alcuni pozzi che arrivano al Tartaro stesso» (trad. di Marcello Nobili)), restano di un fascino incredibile ancora oggi.
– De Venetis magistratibus liber unicus, ovvero L’ordinamento di Venezia, scritta a seguito della composizione della maestosa Storia di Venezia, nel 1488. Anche questa in prosa, il De magistratibus è più smaccatamente celebrativo. Centro del discorso è infatti la spiegazione (stavolta l’opera non è storica, ma sincronica, descrive cioè lo stato attuale) della conformazione politica e giuridica del governo veneziano, condotta con l’obiettivo di elogiarla. L’opera risente certamente anche l’influenza del meccanismo del dialogo, di derivazione platonica e molto in voga tra gli umanisti del ‘400 e ‘500 (si pensi al Cortegiano di Castiglione), dacché compare lo stesso Sabellico a invitare Sebastiano Badoer a trattare l’argomento. L’interesse che quest’opera può mostrare ai giorni d’oggi è quasi esclusivamente di tipo storico e documentaristico. Eppure, anche qui, è possibile rintracciare spunti in grado di parlare al contemporaneo, come quel passaggio in cui l’autore scrive «Ti prego, apprendi prima qual è l’ordinamento della nostra città, quale la razionalità dell’amministrazione» (trad. Sara Simone): in questo passo il moderno può vedere condensato tutto il senso della politica, dello stare (concretamente) al mondo: che Sabellico non lo avesse in mente poco importa; è un passo che trasuda passione per la conoscenza della struttura delle cose, salda teoria della razionalità, certamente umanistica ma in qualche modo universale.
– De caede sontiaca, ovvero La strage dell’Isonzo, è senza dubbio la più movimentata e intrigante tra le opere qui raccolte, dato il soggetto bellico, che riguarda l’esercito veneziano alle prese con le invasioni turche nel Friuli durante il XV secolo. Il tono epico (Sabellico cita ed emula qui moltissimo il Virgilio dell’Eneide, come sottolineano puntualmente i curatori), gli elementi mitologici, il verso carico di emozione (a volte, certo, anche di retorica) rendono quest’operetta forse la più immediatamente interessante per il lettore di oggi non specializzato.
– Rerum venetarum panegyricus primus, qui Genethliacon inscribitur, ovvero Il Genetliaco, o primo panegirico della nazione veneta: un’altra opera celebrativa volta tutta al racconto delle origini mitiche di Venezia, di cui è protagonista il fondatore Antenore. Anche qui, l’uso del verso influisce sul contenuto dell’opera, che viene piegato verso l’epica e il mito, e di conseguenza porta lo stile a misurarsi con citazioni classiciste, in particolare virgiliane.
È evidente che queste opere – del resto sono tra le minori del Sabellico – possono interessare il lettore contemporaneo (che non sia filologo, né storico, né appassionato della letteratura latina del ‘400) solo molto lateralmente. Ma se il lettore è attento, allo stesso tempo, non sfuggiranno anche gli aspetti vitali e positivi di questi scritti: l’animazione epica, l’erudizione comunque sorprendente dell’autore, la netta fiducia nel valore del luogo e della politica che sul luogo combatte. Senza considerare, poi, che la riscoperta di questo volume ha un duplice, importante effetto: conoscere con maggior completezza uno dei più celebri intellettuali originari della Valle dell’Aniene e prendere consapevolezza del valore di un progetto di raccolte come questa, così ben commentata e organizzata, che si spera qualche futuro volenteroso prima o poi proseguirà.