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Superbonus, è stop alla cessione del credito

Roma – Firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella  il decreto sullo stop alla cessione del credito sul Superbonus 110%. Il “Decreto-legge recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, N. 77” attende quindi a breve la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Assieme al relativo Ddl di conversione. Il decreto varato dal governo Meloni prevede in sostanza  lo stop allo sconto in fattura.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato alla stampa come l’incentivo sia costato 2 mila euro a testa per ogni cittadino italiano. Ma cosa succede ora  con lo stop alla cessione dei crediti del Superbonus? Cosa cambia per chi ha presentato la Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (Cila)? E chi vorrà fare lavori dopo il decreto?

Il decreto sul Superbonus del governo Meloni si compone di due soli articoli. Il primo articolo certifica lo stop totale a sconto in fattura e cessione del credito. Questo significa semplicemente che d’ora in avanti per i nuovi interventi edilizi (non quelli già avviati) resta solo la strada della detrazione d’imposta. Con la legge arriva anche il divieto per le pubbliche amministrazioni ad acquistare crediti derivanti dai bonus edilizi. Uno stop che ferma un fenomeno che aveva preso piede da poco, ma che aveva avuto un certo seguito. Proprio questi acquisti, come ha evidenziato Eurostat, «avrebbero impatto diretto sul debito pubblico», secondo quanto ha spiegato Giorgetti.

Il decreto affronta anche il nodo della responsabilità solidale dei cessionari. Che viene esclusa per chi è in possesso di tutta la documentazione relativa alle opere. Questo per eliminare le incertezze. che hanno frenato tanti intermediari dall’assorbire questi crediti.

Per le case unifamiliari il bonus è anche sceso dal 110 al 90%. E a poter usufruire dello sconto saranno solo i nuclei familiari con un reddito non superiore ai 15 mila euro. Da calcolarsi con il meccanismo del quoziente familiare. Il decreto tenta anche di risolvere il problema dei crediti incagliati. Ovvero quelli che le aziende non riescono più a cedere alle banche. L’idea di cedere i crediti alle imprese loro clienti ha trovato uno stop in Cassazione. Il Palazzaccio ha allargato il sequestro di crediti derivanti da truffe anche agli acquirenti in buona fede. E molte imprese hanno assaggiato il rischio di finire coinvolte. Ora chi comprerà crediti fiscali non risponderà in solido con chi lo ha venduto. Sempre se dimostrerà di avere in suo possesso il titolo edilizio abitativo degli interventi. Insieme alle prove fotografiche della realizzazione delle opere.

Infine, il governo ha abrogato le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a: spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro; spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.

Si introduce anche il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento. Il solo mancato possesso della documentazione non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario. Che può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o non gravità della negligenza.