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Superbonus: i box fuori dal conto della “prevalenza residenziale”

Una volta verificata la “supremazia” abitativa, la pertinenza potrà entrare a far parte della determinazione del limite massimo di spesa ammesso all’agevolazione

ROMA – La superficie dell’autorimessa non partecipa al calcolo della prevalenza residenziale del condominio “misto”, la quale, in ogni caso, va determinata considerando la superficie catastale delle singole unità immobiliari che lo compongono. Ai fini del Superbonus, però, la stessa autorimessa concorre all’individuazione del limite di spesa. È, in sintesi, quanto precisa l’Agenzia nella risposta n. 314 del 30 maggio 2022.

Un chiarimento fornito su input di un interpello proposto da un contribuente proprietario di un appartamento situato all’interno di una palazzina condominiale composta da sei unità immobiliari, di cui tre a uso residenziale con annessa cantina pertinenziale, due unità adibite ad albergo, appartenenti a una società, e da un’autorimessa, di proprietà della stessa società, detenuta insieme agli altri due condomini in locazione e destinata a pertinenza delle tre unità immobiliari ad uso residenziale.

L’istante riferisce l’intenzione dei condomini di voler effettuare sull’immobile in questione interventi ammessi al Superbonus e chiede come calcolare la prevista prevalenza residenziale dello stesso e, in caso di conclamazione della stessa, se sia possibile ammettere alla detrazione, oltre ai proprietari delle unità immobiliari a uso residenziale, locatari dell’autorimessa, anche la società che detiene le unità immobiliari adibite a camere d’albergo.
In particolare, ritiene che per verificare se il fabbricato possa essere considerato residenziale nella sua interezza nel calcolo della superficie si debba tener conto di quella delle unità immobiliari come rilevata catastalmente e che nello stesso calcolo rientri anche almeno il 50% della superfice dell’autorimessa detenuta in affitto.

L’Agenzia, come in altre occasioni, conclude avvalendosi della prassi emanata per chiarire gli aspetti peculiari della norma introduttiva (articolo 119, Dl Rilancio) in relazione agli interventi realizzati sulle parti comuni di un edificio. Quindi, richiama la circolare n. 24/2020, in cui ha precisato che, utilizzando un principio di “prevalenza” della funzione residenziale rispetto all’intero edificio, qualora la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza nel condominio sia superiore al 50%, è possibile ammettere al Superbonus anche il proprietario o detentore di unità immobiliari non residenziali che sostengono le spese per le parti comuni. E ancora che, se tale percentuale risulta inferiore, è comunque ammessa la detrazione per le spese realizzate sulle parti comuni da parte dei possessori o detentori delle abitazioni.
Tale principio è stato ribadito anche nella successiva circolare n. 30/2020. In questa occasione, l’Agenzia ha specificato, tra l’altro, che i soggetti ordinariamente non ammessi all’agevolazione, potranno usufruirne ma solo in relazione alle spese effettuate sulle parti comuni dell’edificio a “prevalenza residenziale”.

Nel caso, invece, di un edificio “non residenziale nel suo complesso” – in quanto la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza è minore del 50% – il Superbonus per interventi realizzati sulle parti comuni spetta solo ai possessori di unità immobiliari residenziali che potranno, peraltro, fruire del Superbonus anche per interventi “trainati” realizzati sui propri immobili, sempreché questi ultimi non rientrino tra le categorie catastali degli immobili “di lusso”.

Tanto detto, alla specifica domanda sul come calcolare la più volte richiamata “prevalenza residenziale” l’amministrazione precisa che per la verifica della stessa, occorre fare riferimento alla superficie catastale delle unità immobiliari determinata secondo quanto previsto nell’allegato C del Dpr n. 138/1998.

A seguire, afferma che nel calcolo non va ricompresa la superficie catastale delle pertinenze. Pertanto, nel caso in esame, la predetta verifica deve essere effettuata confrontando la superficie complessiva delle tre unità residenziali, con la superficie complessiva dell’intero edificio, scorporando da tale superficie quella relativa all’ autorimessa destinata a pertinenza delle tre unità immobiliari ad uso residenziale.
Inoltre, in relazione ai criteri da utilizzare per determinare il limite di spesa massimo agevolabile, con la richiamata circolare n. 30/2020, ha chiarito “che nel caso di interventi realizzati su parti comuni di edifici in condominio, per i quali il limite di spesa è calcolato in funzione del numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, il calcolo va effettuato tenendo conto anche delle pertinenze, indipendentemente dalla circostanza che le stesse siano o meno servite dall’impianto termico; inoltre, nel caso di interventi realizzati sulle parti comuni di edifici in condominio nei quali la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio è superiore al 50 per cento, ai fini del calcolo dell’ammontare massimo delle spese ammesse al Superbonus vanno conteggiate anche le unità immobiliari non residenziali (ad esempio strumentale o merce) . L’ammontare di spesa così determinato costituisce il limite massimo di spesa agevolabile riferito all’intero edificio e non quello riferito alle singole unità che lo compongono. Ciascun condomino potrà calcolare la detrazione in funzione della spesa a lui imputata in base ai millesimi di proprietà o ai diversi criteri applicabili, ai sensi degli artt. 1123 e seguenti del codice civile ed effettivamente rimborsata al condominio”.

Ebbene, qualora l’edificio sia residenziale nel suo complesso, il limite di spesa per gli interventi sulle parti comuni andrà calcolato in funzione del numero delle unità immobiliari di cui si compone l’immobile (nel caso in esame sei), comprese le due unità adibite a camere d’albergo e l’autorimessa.