Teatro Quirino: nel “Romeo e Giulietta”, di Gigi Proietti & Loredana Scaramella, si rinnova il triangolo amore-odio-destino
Roma – Amore e odio come sentimenti universali che trapassano le umanità di ogni tempo e luogo. Sono i temi sviluppati nel “Romeo e Giulietta”, andato in scena al Teatro Quirino di Roma, con la regia del compianto Gigi Proietti, ma nella versione e l’allestimento curati da Loredana Scaramella, sua regista assistente per 35 anni.
Questa versione offre una rivisitazione fresca e coinvolgente di una storia d’amore immortale e conserva una lettura filologicamente fedele al testo di Shakespeare sia nella durata, quasi tre ore di spettacolo, sia nella sua struttura scenica. Gli attori, ad esempio, entrano ed escono in scena dalla platea proprio allo scopo di conservare l’essenza del teatro elisabettiano, nel tentativo ben riuscito di ricreare un contatto fra gli attori e gli spettatori. Il teatro elisabettiano, infatti, non era destinato a un pubblico che stava in silenzio, ma era uno spazio collettivo in cui la gente parlava, mangiava, socializzava… faceva un po’ di tutto mentre era a teatro.
L’adattamento della storia, reinterpretata nella prima fase in un contesto moderno, aggiunge un nuovo livello di rilevanza e attualità allo schema classico. Punto di forza della rappresentazione è il modo in cui sono stati affrontati i temi universali dell’opera: l’amore, l’odio e il destino. La capacità di far emergere la complessità dei personaggi secondari ha aggiunto profondità alla trama, offrendo spunti di riflessione e sottotrame intriganti.
Su tutto, allora come oggi, predomina il linguaggio dell’anima che si manifesta in ogni epoca con il costume del tempo vissuto. Come a dire che, in ogni tempo, i giovani di ogni tempo amano, soffrono e sperano con la stessa assolutezza. Ciò che li distingue sono solo le mode del momento riconoscibili dai costumi e dai ritmi della musica. E così anche l’odio, le vendette e i rancori che appartengono agli adulti sono gli stessi in ogni epoca. E in ogni epoca l’odio è destinato a perdere sempre nella perenne contrapposizione con l’amore. Ciò vale per gli individui e per i popoli, ma a quanto pare, nonostante i continui rimandi che la vita e la storia ci offrono, ancora non abbiamo imparato la lezione.
Nel “Romeo e Giulietta” di Proietti-Scaramella questi argomenti si affinano nella tecnica per penetrare ancora più a fondo nel terreno delle malcelate incompatibilità (Montecchi-Capuleti), delle avversioni palesate e soffocate nel sangue. L’impostazione amara (padre Montecchi), o grottesca (padre Capuleti), dei conflitti drammatici mettono in risalto le contraddizioni interne di questi personaggi e la loro predestinazione alla sconfitta, nonostante l’armatura costruita attraverso la gestione di un potere asfissiante, pervasivo e assoluto.
In conclusione, la rappresentazione di “Romeo e Giulietta” ha offerto un’esperienza teatrale coinvolgente, mantenendo viva la potenza emotiva di questa storia d’amore che va oltre le coordinate abituali di tempo e di spazio. Ciò che resta, e le cronache di questi giorni ne sono una conferma atroce, è l’amara constatazione che ogni uomo è un piccolo mostro, che è solo davanti al putridume della sua coscienza, nel cui intimo è pericoloso indagare.
Diana Franciosi