Tradizioni scomparse a Carsoli: “La Vecchiòtta, tanti chioi tè alla porta, e tanti diavui tesse porta”
Carsoli – Ai tempi antichi Babbo Natale non era molto in voga, e quindi i sogni nel cassetto di molti bambini erano riposti proprio per l’arrivo della “Vecchiòtta”, così era chiamata in vernacolo. La semplicità dei tempi andati conferiva a questa ricorrenza un sapore tutto particolare, dove i bambini erano unici e veri protagonisti. Un rituale che iniziava già con l’apertura del periodo natalizio, in cui i piccoli si sforzavano realmente di essere piu’ buoni del solito per non incappare nella “cenere e carbone” riservata ai bambini discoli.
Le bancarelle con i giocattoli sostituivano gli attuali centri commerciali o mega negozi di giocattoli per tutte le età. Poi non si vedeva l’ora che passasse il Capodanno per attendere con trepidazione l’arrivo dal camino o dalle canne fumarie di questa vecchiotta con la scopa che volando nel cielo raggiungeva tutte le case dispensando regali. Semplici e modesti giochi erano la felicità che durava per tutto l’anno. Chi disponeva del camino la sera, scostava la legna e smorzava il fuoco anzitempo per non farla scottare.
La notte si dormiva con una certa ansia, e poi il risveglio al piu’ presto possibile. Era arrivata, una calza di filanca conteneva una bella dose di mandarini, caramelle rossana, le mou, ciocorì, noci, nocciole e fichi secchi. Poi il gioco del dottore, o la bambola, o qualche piccola automobilina, ed il bambino era in estasi.
La tradizione prevedeva anche che gruppi di bambini festanti, si recassero un pò in giro per le case del paese, annunciando la loro visita in occasione della “vecchiòtta” e ritirare dei regali. Per la maggiore andavano i mandarini, ma le anziane del tempo davano anche uova fresche appena deposte bevute sul posto, dopo aver praticato il classico piccolo foro con l’ago da cucito.
Ma in qualche caso, anche se piuttosto isolato, al bussare della porta non arrivava nessuno. A quel punto i bambini iniziavano a lanciare una specie di imprecazione dialettale: “Tanti chioi tè alla porta, tanti diaui tesse porta”. Questo perchè i portoni di ingresso delle case, erano vecchi e pieni di chiodi con le tavole assemblate, e quindi il numero dei chiodi doveva corrispondere al numero dei diavoli imprecazioni che avrebbero portato all’inferno chi non apriva la porta.
E poi la cosiddetta Pasqua Befania, tutte le feste portava via. Ma restava invece vivo durante tutto il resto dell’anno il sentimento della semplicità e della solidarietà, il senso della vita e della fratellanza. Ora la Befana è tecnologica, evoluta, e comunque arriva per soprendere e far sorridere anche i bambini del terzo millennio avanzato. Per lei, il tempo non passa mai. Buona Befana!