Roviano – Un lavoro sotterraneo ma imprescindibile per la costruzione dell’identità collettiva di un paese è quello svolto dagli storici: prendersi cura del passato della propria comunità significa porre le proprie capacità di studio e di scrittura al servizio della cittadinanza, alla possibilità di definirsi come gruppo riconoscibile.
Questo è l’effetto, anche, del poderoso lavoro di Artemio Tacchia Roviano e la Grande Guerra. Storia e memoria: tomo di più di cinquecento pagine che si concentra sugli anni della Prima Guerra Mondiale e sul modo in cui il catastrofico evento è stato vissuto dai rovianesi. Il volume è in linea con le molte pubblicazioni, anche del nostro territorio (si veda ad esempio Arsoli e la Grande Guerra, di cui si può leggere qui: https://www.confinelive.it/una-nota-sul-libro-arsoli-e-la-grande-guerra/), nate in concomitanza con i cento anni dalla fine del conflitto; con la differenza, però, che il lavoro di Tacchia è targato 2019: nello slittamento di uscita è riposta in verità la dichiarazione d’intenti dell’autore, che così scrive nell’Introduzione: «Simbolicamente, abbiamo deciso di pubblicare il libro nel 2019, “centenario” delle sottoscrizioni dei TRATTATI DI PACE con la Germania e con l’Austria, e non durante gli anni del “centenario” della guerra e dell’armistizio.» (p. 10).
Dopo la sezione introduttiva, compresa di Cronologia, Roviano e la Grande Guerra si articola in quattro parti e un’appendice). La prima, forse la più interessante per i lettori non specialistici, si chiama Roviano e la grande guerra: il lavoro minuziosissimo svolto in archivio dall’autore, la gran quantità di fonti bibliografiche messe in nota, unite a una prosa solida e chiarissima, riescono a concretizzare gli eventi – pure quelli del quotidiano, i più minuti – all’attenzione del lettore, nonostante siano collocati in un tempo mai conosciuto. Anche al non rovianese interessano seriamente gli episodi di un mondo paesano ormai del tutto scomparso, restituiti per giunta in grande nitidezza: penso alla rivolta della Lega dei Contadini nel ’13, ai fatti legati al terremoto del ’15, ma soprattutto in generale allo stato di fibrillazione di quegli anni cui dovette sottomettersi un paese – ma vale per l’intero suolo italiano – già e sempre alle prese con i precari strumenti della mobilità, del lavoro, dell’alimentazione.
Con altrettanto acume archivistico e storico, le ultime due sezioni offrono schede tematiche su argomenti paralleli alla guerra, con un taglio più sociologico, come il ruolo delle donne nella comunità in quel periodo, l’assistenza agli orfani e la costruzione del monumento ai caduti (su cui Tacchia apre anche un’intrigante questione, in appendice, descrivendo lo stile scultoreo – e in particolare il ricorrente uso iconografico della Vittoria alata – di Andrea Zaccaria, autore del monumento di Roviano, nonché di quello di Trevi nel Lazio e di altri paesi).
La parte seconda, invece, la più massiccia, interessa probabilmente più il rovianese che il “forestiero”, dal momento che colleziona i ritratti, tra periti e reduci, dei partecipanti rovianesi alla guerra (238 in tutto, di cui 12 morti in combattimento, «13 per malattia o incidente», p. 10). Ma proprio qui, più che altrove, si può osservare in maniera limpida il lavoro meticoloso dell’autore, che, grazie anche a interviste e testimonianze dirette, riesce a ricostruire dettagliatamente le vite dei soldati, non ridotte solo all’episodio, comunque più che segnante, della guerra, ma sempre ritratte nella loro più completa estensione, almeno dove la documentazione lo consente, con un modulo di descrizione più o meno stabile che va dalla descrizione fisica, alle esperienze lavorative e belliche e – per i reduci – alla vita posteriore alla Grande Guerra.
È proprio questo, io credo, il merito primo di questo libro, e in generale di lavori di questo tipo: la capacità – poste a monte una forte passione per l’argomento e una preparazione seria – di restituire a trecentosessanta gradi lo status di una data società in un dato tempo, a noi ormai lontanissimi, quasi ignoti. Il sottotitolo, in questo, è chiarissimo, e l’autore lo spiega in apertura: «Per Storia, infatti, si intende il risultato dell’indagine storiografica delle fonti e la ricostruzione dei fatti; per Memoria, il complesso dei ricordi evocati dalla mente delle persone intervistate, attraverso anche i cimeli custoditi, e pure tramite il Monumento ai caduti […] e l’odonomastica […]: entrambi realizzati e utilizzati, appunto, con lo scopo di “consacrare la memoria”.» (p. 8).
Un’altra prova, insomma, della felicità delle ricerche in archivio e del loro valore auto-rappresentativo, costitutivo, per una comunità come Roviano – e non solo.