Vicovaro – Risale al 2007 La memoria degli anziani per il futuro dei giovani, un piccolo libro curato da Roberto Bontempi con la collaborazione dell’allora Laboratorio Giovani della Biblioteca Comunale di Vicovaro (Federica Dante, Giada Maugliani, Nancy e Noemi Moltoni, Flavia Ottavi) e il contributo della Regione Lazio.
Come si capisce dal titolo, la pubblicazione fa parte di quel filone di scritture locali che insistono sul valore della memoria: una “memoria di” (un passato) rifunzionalizzata verso un “per” (futuro), un raccordo tra due dimensioni lontane. La ragione storico-antropologica di questi lavori è evidentemente da rintracciare in una avvertita spaccatura tra presente e passato. Questa spaccatura ha senza dubbio a che fare con l’industrializzazione, prima, e con la digitalizzazione, dopo; ovvero con processi che staccano (illusoriamente) il presente dal flusso storico e lo appiattiscono in una (falsa) staticità (utile al consumo e all’immagine).
Ciò che maggiormente interessa di operazioni come questa, infatti, è il confronto nudo e crudo – calcolato su un territorio circoscritto, in questo caso Vicovaro – tra epoche che appaiono quasi inconciliabili. La prima parte del libro, Lo sviluppo delle tematiche, suggerisce infatti proprio questo, attraverso la suddivisione del discorso in nuclei tematici. Questi indagano le sfere principali dell’essere al mondo, ovvero la biologia (Cibo), la storia (Il dopoguerra: pane, lavoro, e…), la società e la cultura (Quei favolosi anni del boom – il tempo libero), la sessualità (L’amore ai tempi), l’immaginazione (Giochi di bimbi), e tutte svelano una distanza, rispetto ai nostri tempi, che genera insieme tenerezza e inquietudine.
Sia la quasi impossibilità di incontrarsi da soli di due fidanzati, sia fatica del lavoro e della ricerca del cibo, sia il ricordo funesto e ricorrente della strage delle Pratarelle, ogni elemento segnala questa spaccatura – riaffermata nella seconda parte del libro, dove compaiono le interviste integrali che Bontempi, nella prima parte, rielabora – efficace per noi proprio perché misurata su uno spazio abitato e conosciuto fino in fondo, ovvero quello del proprio territorio.
Contro quel folclorismo e passatismo che facilmente si rischiano in lavori del genere, questo libro costruisce davvero – come punto di partenza, certo, come suggerimento – un’ipotesi di collegamento, la possibilità «di immedesimarci», come scrive il curatore, in una civiltà che è nostra e insieme non più nostra, proprio per questo preziosa di fronte a un «futuro» che si mostra tanto limpido in apparenza quanto complicato e oscuro in sostanza.