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Villa Morani di Arsoli, dimora storica del Lazio: ultimati i lavori conservativi

Arsoli – Conclusione in grande stile a Villa Morani dei quattro mesi di lavori nell’ambito degli interventi per le Dimore storiche della Regione Lazio.
Il proprietario Paolo Morani ha espresso sui social  un particolare ringraziamento all’impresa edile di Paolo Pistoia che si è dimostrata all’altezza dei lavori richiesti, eseguiti con la maestria che lo spirito del luogo richiede. Ringraziamenti di Morani  anche per la professionalità della  direzione tecnica del geometra Manolo Laureti.

 

LA VILLA:

Costruita presso la stazione negli anni ’80 del XIX secolo dall’ing Sesto Maggiorani, la cui impresa lavorava alla costruzione della ferrovia Roma-Avezzano, fu acquistata nel 1902 dal pittore Alessandro Morani (1859-1941), notissimo artista della Roma fin de siècle.

Morani e la moglie Lili Helbig la scelsero come eremo immerso nel verde dove ritirarsi dalla vita della capitale. Lo studio, poco distante dalla villa, divenne così il luogo prediletto dall’artista per ammirare il quieto paesaggio circostante, che tanto spesso costituirà il soggetto delle sue opere. Fu comunque un “Eremo” “per modo di dire, poiché vi fu sempre un afflusso di personalità e amici”, come D’Annunzio, De Bosis, Sartorio, Pascarella o Nino Costa e dei membri dell’associazione In Arte Libertas.
Alessandro Morani, prima di essere uno dei XXV della Campagna Romana, prima di dare inizio alla sua poliedrica attività artistica, fu infatti tra i fondatori e segretario di In Arte Libertas di cui tenne i registri con i verbali delle adunanze, l’elenco delle opere accettate e la posta sociale.

Il movimento nacque in polemica con l’arte romana ufficiale del tempo, giudicata fredda e ripetitiva e condizionata dal mondo politico. Gli artisti dell’associazione erano sensibili ai valori sociali e documentari dell’arte, anticipando in qualche modo alcune avanguardie del Novecento. Per loro, la pittura doveva cogliere dal vero il soggetto da rappresentare: se era un paesaggio era essenziale quindi recarsi sul posto, dimenticando il lavoro in studio sul cavalletto e la pittura en plein air veniva caricata di significati simbolici e liberatori.

Il sodalizio accolse fin dal suo sorgere anche artisti stranieri, segno di una visione dell’arte che andava oltre gli schemi e i confini nazionali. Nel gruppo entrarono così pittori simbolisti e preraffaelliti, in una suggestiva mescolanza di generi, stili e sensibilità.